Netanyahu incriminato per corruzione e frode a due mesi dalle elezioni. Il premier israeliano: «È una caccia alle streghe»
Dopo un primo incarico dal 1996 al 1999, Benjamin Netanyahu è al suo quarto mandato come primo ministro. In carica dal 2009, se dovesse vincere le elezioni del 9 aprile diventerebbe il primo ministro più longevo della storia israeliana superando anche il padre fondatore del Paese David Ben Gurion. Ma l’annuncio del procuratore generale Avichai Mandelblit potrebbe influenzare il voto.
L’incriminazione per corruzione e frode
Mandelblit ha annunciato di voler incriminare il premier per corruzione. Le anticipazioni erano già arrivate dai media locali, ma la conferma è giunta nel tardo pomeriggio del 28 febbraio. Fino all’ultimo i fedeli sostenitori del partito del Likud hanno cercato di bloccare la dichiarazione del procuratore presentando una petizione alla Corte Suprema, etichettando l’annuncio di Mandelblit come «un’interferenza al voto» e chiedendo che l’intervento del procuratore fosse spostato dopo il 9 aprile, giorno delle elezioni.
Il procuratore generale Avichai Mandelblit
Ma Mandelblit ha continuato per la sua strada, precisando che fermare il cammino della giustizia equivale a una violazione del principio per cui ogni persona è uguale davanti alla legge. Il procuratore ha dunque seguito le raccomandazioni degli inquirenti a proposito di tre casi specifici di cui Netanyahu è protagonista, cui seguirà un’audizione finale nella quale il leader del Likud avrà modo di difendersi e negare tutte le accuse.
La decisione del procuratore non preclude la partecipazione del ministro della difesa e leader del Likud di presentarsi alle prossima campagna elettorale. La decisione diventerà ufficiale solo dopo l’audizione. Infatti non c’è alcuna clausola legale che obblighi Netanyahu a dimettersi da primo ministro. Per molti analisti è probabile che in caso di vittoria Netanyahu continui a occupare la carica di premier per rispondere delle accuse dopo la sua rielezione.
Caso 4000, caso 1000 e caso 2000
Sono tre i casi che vedono Netanyahu coinvolto in vicende di corruzione e frode. Il primo, caso 4000, riguarda la questione Bezeq, ovvero l’accusa che il premier abbia offerto tangenti a Shaul Elovitch, proprietario dell’azienda delle telecomunicazione Bezeq, in cambio di una copertura mediatica favorevole agli interessi del suo partito e della sua politica tramite il suo giornale Walla.
Nel secondo, il cosiddetto caso 1000, l’accusa è di frode e abuso di fiducia. Il primo ministro e la sua famiglia sono sospettati di aver ricevuto doni di lusso da persone facoltose, tra cui il produttore cinematografico israeliano Arnon Milchan, in cambio di favori politici. Nel caso 2000 il premier è accusato di aver ricercato un accordo con l’editore del quotidiano Yedioth Ahronoth per avere una copertura mediatica positiva in cambio di una legge che avrebbe limitato il giornale concorrente Israel Hayom.
I leader dell’opposizione Benny Gantz e Yair Lapid
L’opposizione chiede le dimissioni del premier
Dura la risposta dell’opposizione israeliana che chiede le dimissioni del premier: «Da questo momento in poi Netanyahu combatte per la sua sopravvivenza politica e non può più battersi per la vita dei cittadini del suo Paese», ha scritto la leader laburista Shelly Jachimowich in un post su Twitter. «Non è nella condizione di fare il presidente del consiglio, e neanche di presentarsi alle elezioni».
Il clima in Israele in vista delle elezioni
In un Paese già polarizzato in vista delle prossime elezioni, la decisione del Procuratore ha portato a un’ulteriore spaccatura degli elettori. Il nuovo partito Kahol Lavan, fondato dall’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz e da Yair Lapid, giornalista di fama, spera di sfruttare l’occasione per ottenere voti, soprattutto dai conservatori più moderati ancora legati al Likud. «Netanyahu antepone il proprio bene al bene del popolo. Ma in quanto premier part-time non potrà continuare a governare», ha detto Gantz.
Tuttavia, per molti, la decisione sarebbe dovuta arrivare dopo le elezioni per evitare di influenzare l’opinione pubblica. Per altri, invece, i cittadini hanno il diritto di conoscere la situazione legale del premier in carica prima di dare il loro voto. Critico Netanyahu che ha parlato di «una caccia alle streghe». Intanto, un rapporto diffuso oggi dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu rivela che Israele potrebbe aver commesso crimini contro l’umanità durante le proteste per la Marcia del Ritorno del 2018 a Gaza. Ma il ministro degli Esteri Yisrael Katz ha rigettato le accuse definendole «un tentativo di screditare l’unica democrazia del Medio Oriente»