Il falso ginecologo che usava i social per ingannare e violentare le ragazzine
Il 20 febbraio 2019 il ginecologo «Alberto Berti» è stato arrestato dagli investigatori del commissariato di Monza. In realtà «Alberto Berti» non esiste e non è nemmeno un ginecologo, ma un ingegnere 50enne che si spacciava tale per adescare le ragazzine attraverso diversi account social, in particolare Instagram. Almeno due, tra i 15 e i 17 anni, hanno subito violenza sessuale da parte sua.
Il falso medico pedofilo offriva alle giovani un trattamento anti-frigidità e anti-sterilità, ma a parte i metodi tipici del ciarlatano – che servono per ingannare chi ha bisogno promettendo soluzioni miracolose -è l’uso intelligente dei social che dovrebbe mettervi in guardia. Chiunque, attraverso un account Facebook, Twitter o Instagram può fingersi dottore, nutrizionista, avvocato o addirittura prete se lo desidera, ed è ancora più facile rispetto alla cosiddetta «vita reale» perché non c’è bisogno di essere ottimi attori per interpretare uno o molteplici ruoli per ingannare i più deboli. Questo 50ennene interpretava tanti.
Il pedofilo era riuscito a ottenere centinaia di contatti via Instagram. Oltre al suo account principale dottoralbertobertine aveva altri, come neutralizzazione – presente nelle immagini fornite dalla Polizia brianzina – che presentava come immagine di profilo un logo di un inesistente «Studio Berti», ma lo troviamo anche via Facebook con la stessa foto profilo raffigurante l’opera dell’artista americano Nathan Sawaya fatta con i mattoncini del “Lego”:
Molte delle amicizie dell’account Facebook risultano fasulle: profili creati con fotografie rubate online e soprattutto raffiguranti giovani ragazze. Come spiegato dal dirigente del commissariato di Monza, Angelo Re, lo stesso ingegnere 50enneaveva creato una sua rete di pazienti «fake» per rendersi credibile di fronte alle possibili vittime. Un lavoro di ingegneria sociale usato anche dai bufalari per crearsi un seguito – ne avevamo parlato in un articolo precedente – ma in questo caso abbiamo delle ragazzine e un socialnetwork come Instagram che difficilmente viene visto, al contrario di Facebook o altri social più da «adulti», come un luogo dove i nostri giovani rischino di incappare in qualche pericolo.
La polizia e i magistrati non hanno idea di quante siano le ragazzine cadute nel tranello e invitano a tutte le vittime di farsi sentire, di parlare con i propri genitori e sporgere denuncia contro il pedofilo truffatore che, al momento, non può nuocere ulteriormente essendo recluso nel carcere di Monza. I genitori devono vigilare e istruire i figli sull’utilizzo di internet e dei social, ma anche loro devono stare attenti perché di ciarlatani è pieno il mondo egrazie alla Rete si son fatti più furbi.