«Senatore Pillon, la maternità surrogata è un gesto d’amore»: la storia di Giovanni e Stefano
Alessandro ha tre anni, va all’asilo, adora giocare con le macchinine, vive a Genova con i suoi genitori che lo amano follemente: si chiamano Stefano e Giovanni e sono i suoi due papà. Alessandro è nato grazie alla maternità surrogata, lo ha portato in grembo per nove mesi una donna di nome Candice, in California. Giovanni e Stefano vedevano crescere il loro bimbo nel pancione attraverso lo schermo di un Pc su Skype. «Ci sentivano con Candy una volta a settimana, le abbiamo mandato anche delle cuffiette con le nostre voci da applicare sulla pancia», racconta Giovanni.
La visione di Giovanni della maternità surrogata – che lui preferisce chiamare «gestazione per altri» – è del tutto opposta a quella di Simone Pillon. Il senatore leghista ha presentato infatti una proposta di legge per aumentare le pene per chi ricorre alla maternità surrogata e per estenderle anche a chi va all’estero. In un’intervista a Open, Pillon ha definito la maternità surrogata una «pratica abominevole» e ha sottolineato come sia già un reato in Italia. «C’è un vuoto normativo per cui non si può applicare la pena a chi va all’estero, vogliamo colmare questo gap», aveva detto il senatore leghista.
Per Giovanni, invece, «la gestazione per altri è un gesto d’amore» che gli ha permesso di avere suo figlio: «Prendere Alessandro in braccio appena nato è stata l’emozione più grande della mia vita. Ancora lo guardo e mi chiedo come sia possibile. Sono nato negli anni ‘80, non avrei mai pensato che un gay come me avrebbe potuto un giorno avere un figlio. I miei genitori ormai avevano rinunciato al sogno di diventare nonni. Mi ricordo che quando abbiamo portato Alessandro in albergo a pochi giorni dalla nascita lo abbiamo fissato per ore. Era un miracolo».
La Storia
Giovanni ha 38 anni, suo marito Stefano ne ha 46. Stavano insieme da poco più di un anno quando hanno deciso di avere un figlio, era il 2011. «Per entrambi diventare genitori non era un desiderio innato, ma è maturato in noi. Ci siamo decisi quando una coppia di amiche lesbiche ha avuto il loro bambino con la fecondazione eterologa. Allora i padri erano pochi e si andava soprattutto in California – spiega Giovanni -. Noi abbiamo cominciato a muoverci nel 2011, ma, per vicende personali legate al lavoro, Alessandro è nato cinque anni dopo».
In California, Giovanni e Stefano hanno contattato diverse agenzie prima di scegliere quella che li ha messi in contatto con Candy. «L’agenzia ci ha proposto alcune donatrici e portatrici e poi noi abbiamo deciso. La scelta della portatrice è stata più difficile perché alcune non vogliono lavorare con coppie omosessuali. Poi bisogna avere una visione condivisa su alcune questioni come l’aborto nel caso in cui il bambino fosse malformato o nel caso in cui si annidassero più ovuli. Insomma ci sono diversi punti su cui bisogna trovare un accordo. Ma quando abbiamo conosciuto Candy ce ne siamo innamorati e con lei è stata buona la prima, è rimasta incinta subito».
Immagine di repertorio
Candice è sposata, ha già tre figli e non voleva altri figli per sé. Alessandro era il secondo bimbo che portava in grembo per altri. «Pillon critica il contratto che si fa con le gestatrici e sostiene che lo facciano per soldi, ma non è così. Dovrebbe andare a conoscere le madri. Candy è una donna con la testa sulle spalle, autonoma economicamente, non l’ha fatto per un guadagno, l’ha fatto per generosità: per permettere a una coppia, in questo caso noi, di realizzare il sogno di avere un figlio. La separazione dal bambino non è così traumatica come la descrivono molti, tra cui Pillon, queste donne lo sanno sin dall’inizio che portano in grembo un figlio che non è il loro. Noi sentiamo spesso Candy su Skype, siamo rimasti in contatto con lei, presto porteremo Alessandro a conoscerla».
I due papà non hanno avuto particolari problemi a registrare all’anagrafe il certificato di nascita di Alessandro una volta tornati in Italia. «Le procedure cambiano da mese in mese, dipende dalle sentenze e dalle interpretazioni. Negli Stati Uniti noi ci siamo fatti consegnare due certificati di nascita: in uno siamo entrambi i genitori, nell’altro è registrato soltanto il nome del padre biologioco di Alessandro. Perché se si fossero rifiutati all’anagrafe di registrarci entrambi come genitori avremmo registrato il bambino con un genitore e poi ci saremmo rivolti a un giudice come succede in questi casi, ma siamo stati fortunati, nel nostro comune non ci hanno fatto storie».
La nuova proposta di legge presentata dal senatore Pillon prevede però di vietare l’iscrizione all’anagrafe di due genitori dello stesso sesso, inoltre il senatore vorrebbe punire con multa fino a un milione e carcere chi come Giovanni va all’estero per avere un bambino. «La trovo una proposta sbagliata e intrisa d’odio. Nessuno riuscirà a impedire alle coppie di andare all’estero e di tornare con un figlio soprattutto quando almeno uno dei due è genitore biologico. Al massimo impedirà alle coppie gay di iscrivere entrambi i genitori, creando soltanto tanti bimbi orfani di un genitore sulla carta. I figli sono di chi li cresce», conclude Giovanni.