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Rifiuti a Roma: cosa è rimasto dopo il rogo in via Salaria

04 Marzo 2019 - 22:49 Angela Gennaro
Il Tmb Salario gestiva circa 600 tonnellate di spazzatura al giorno: un quinto della produzione giornaliera di rifiuti della Capitale. E ora?

Roma non ha pace per la questione rifiuti. È l’11 dicembre 2018 quando un incendio divampa nello stabilimento di trattamento dei rifiuti in via Salaria 981, alla periferia nord-orientale di Roma. Un impianto, quello di trattamento meccanico-biologico (Tmb), da anni contestato dagli abitanti delle zone vicine, a partire dall’odore che avvolgeva l’intera area.

Dall’impianto gestito dall’azienda dei rifiuti romana, l’Ama, quel giorno si alza una nube visibile da tutta la città. «Nessuna informazione ufficiale ci è stata data dal Campidoglio sulle emissioni di diossina e di benzopireni, nessuna informazione sulla gestione del sito», denunciano i cittadini. Dal Campidoglio fanno sapere di aver seguito tutte le procedure del caso.

Il Tmb Salario gestiva circa 600 tonnellate di spazzatura al giorno: un quinto della produzione giornaliera di rifiuti della Capitale. E ora? «Sono in corso le attività di rimozione dei rifiuti rimasti dopo l’incendio dell’11 dicembre», spiega a Open il presidente del municipio III di Roma, Giovanni Caudo, al termine di un sopralluogo all’interno dell’impianto insieme alla sua giunta. Sono le prime immagini dall’interno dopo l’incendio.

Le immagini del rogo in via Salario. Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

«La maggior parte dei rifiuti sono stati allontanati. C’è una piccola quantità sequestrata dalla magistratura, ma si tratta di residui», spiega Caudo. «C’è una parte di Cdr – Combustibile da rifiuto – che proprio oggi stanno rimuovendo. La parte più consistente è costituita dalle quasi 5mila tonnellate di Fos – Frazione organica stabilizzata. Da qualche settimana hanno ricominciato a lavorare quella che era rimasta, poi finiranno il ciclo e la porteranno altrove».

Insomma, l’impianto è quasi fermo. «Escono rifiuti, per essere portati via. Ed entrano piccoli camion solo per trasferire spazzatura in mezzi più grandi», dice Caudo. E i rifiuti che venivano trattati qui? «Si sono trovate altre soluzioni, a dimostrazione del fatto che questo impianto poteva essere chiuso già da tempo per la sua criticità: così vicino alle abitazioni, a una scuola, ai cittadini. E invece abbiamo dovuto aspettate l’emergenza», fa notare l’assessore municipale alla Cultura, Christian Raimo. E poi «le soluzioni sono temporanee, gli accordi interregionali a termine».

Rifiuti a Roma: cosa è rimasto dopo il rogo in via Salaria foto 1

Dalla relazione presentata a gennaio dall’Osservatorio alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti e su Illeciti Ambientali a esse correlati

Roma continua a soffrire a causa dei rifiuti e di una raccolta che funziona a singhiozzi, mentre in questi giorni in Campidoglio è lotta sull’approvazione del bilancio dell’azienda. Una lotta che vede schierate due anime opposte ma sempre interne alla maggioranza costituita dal Movimento 5 Stelle. Mentre i cittadini dell’area intorno al Tmb, che in otto anni di lotta contro l’impianto hanno costituito l’Osservatorio Permanente sul Tmb Salario, continuano a temerne la riapertura. Perché è vero che è quasi fermo, ma resta un impianto autorizzato e potenzialmente recuperabile.

«Chiediamo alla sindaca Virginia Raggi un atto ufficiale per la chiusura dell’impianto Ama Salario e l’impegno che nella struttura non vengano più trattati o stoccati rifiuti», si legge nella Relazione presentata a gennaio dall’Osservatorio alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti e su Illeciti Ambientali a esse correlati.

«Chiediamo ad Ama di togliere dal piano industriale il sito di via Salaria 981 e di richiedere la revoca dell’autorizzazione in essere e alla Regione Lazio di revocare l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale». I cittadini chiedono anche una «cabina di crisi che programmi e gestisca le fasi della chiusura, che avvii la bonifica e metta in sicurezza il sito, e al Comune e all’Ama la riconversione dell’intero stabilimento in uffici, attraverso un percorso partecipato con i cittadini».

I dirigenti «oggi ci hanno assicurato che quelle in corso sono attività che non sono propedeutiche alla ripresa della messa in funzione dell’impianto», dice il presidente del III Municipio. Solo che chiediamo al Comune di Roma una parola chiara». Risposte? «Per ora silenzio».

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