Il fratello di Emanuela Orlandi: «Fonti interne al Vaticano ci hanno indicato quella tomba» – L’intervista
I resti di Emanuela Orlandi, la quindicenne, cittadina vaticana, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983, potrebbero essere nel cimitero teutonico all’interno delle mura vaticane. È la nuova pista di un caso irrisolto da 35 anni, nata da una segnalazione ricevuta da Laura Sgrò, avvocata della famiglia Orlandi: una lettera anonima con la foto di un angelo che sovrasta una lapide e l’invito: «Cercate dove indica l’angelo». La tomba sarebbe anche già stata aperta almeno una volta. Ecco perché l’avvocata si è rivolta al cardinale Pietro Parolin della Segreteria di Stato vaticana per aprire il loculo. «Sembra diventata una leggenda metropolitana, la storia di mia sorella – dice a Open Pietro Orlandi -. Ci vorrebbe solo un po’ di volontà, qualunque cosa terribile sia successa. E invece sono convinto che ci sia ancora un ricatto in atto da parte di qualcuno». Pensare che, dice Pietro, «ora si parla della pedofilia nella Chiesa». Nel 1983 era impensabile. «Perché non si parla della storia di mia sorella? Parlare di Emanuela Orlandi oggi in Vaticano è tabù come lo era parlare di pedofilia nell’83».
Pietro Orlandi, come siete arrivati a indicare quella tomba?
«Se siamo arrivati a fare un’istanza scritta, presentata al Vaticano, è ovvio che non partiamo solo da una lettera anonima: le nostre fonti sono interne al Vaticano. Abbiamo presentato l’istanza la settimana scorsa, ma già ne avevamo parlato con loro nei mesi passati. L’avvocata Sgrò si è occupata in passato di Vatileaks. Siamo andati avanti e abbiamo cercato contatti. Sai quante persone mi mandano mail e segnalazioni? Certo, ti rendi subito conto se ti trovi davanti a un mitomane o a una persona che ha qualcosa da dire. Hanno cominciato ad arrivarmi delle voci in merito a questa tomba e al fatto che c’era una persona che portava lì fiori per Emanuela. Varie situazioni conducevano a quel posto, al cimitero teutonico. Secondo me è un luogo importante, nella storia di mia sorella. Non so dirti come, ma lo è. Non si può restare indifferenti: dobbiamo avere delle risposte, anche se poi dovesse rivelarsi un buco nell’acqua».
La lettera della famiglia di Emanuela Orlandi è stata ricevuta dal Cardinale Pietro Parolin e ora verranno studiate le richieste rivolte nella lettera, lo ha detto il direttore “ad interim” della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti.
«Ben venga, ma è allucinante che si ottengano risposte solo se la notizia esce sui media. Sono mesi e mesi che chiediamo risposte anche riguardo a questa tomba. E abbiamo presentato già altre due istanze per chiedere l’apertura di un’inchiesta interna sulle incongruenze emerse nel corso dell’indagine archiviata dalla procura di Roma e dalla Cassazione nel 2016. Ci sono stati una serie di incontri. L’ultima volta prima che uscisse la notizia delle ossa della Nunziatura. In qualche modo ha rallentato tutto e fermato tutto. È importante ci sia una risposta e mi auguro che sia la più onesta possibile e che acconsentano a fare approfondimenti. È vero che è qualcosa che interessa la famiglia, ma interessa anche a loro».
Se dovesse raccontare del caso Emanuela Orlandi a un ragazzo o una ragazza adolescente, cosa direbbe?
«Potrei parlare per ore. Direi che c’è stato qualcuno che ha deciso che Emanuela Orlandi non poteva scegliere della propria vita. Ci sono stati tantissimi depistaggi in 35 anni. Ma ci sono anche certezze: due Stati, quello Italiano e quello vaticano, sono a conoscenza di quello che è successo. Alla volontà dello Stato vaticano di tenere occultata la verità su questa vicenda, lo Stato italiano non si è opposto e ha accettato passivamente quella volontà. Questo è quello che è successo».
In 35 anni sono passati tre Papi: Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e ora Papa Francesco. È cambiato qualcosa?
«In peggio: con Papa Francesco il muro si è alzato più di prima».
Perché?
«Me ne sto accorgendo dall’interno. Nel 2013 Papa Francesco mi disse: ‘Manuela sta in cielo’. Oltre al dolore, ho anche pensato: forse c’è una volontà. Da quel momento ho fatto tantissime richieste in Vaticano e al cardinale Pietro Parolin della Segreteria di Stato vaticana per avere un incontro. Riservatissimo. Una spiegazione a quella frase. A inchiesta aperta, quando non c’è la prova della vita o della morte di Emanuela, il papa mi dice è morta? Vuol dire che sa qualcosa più di noi. Non c’è stata mai risposta. Ho chiesto risposte sulla trattativa tra il magistrato Giancarlo Capaldo e il Vaticano a proposito della consegna di un fascicolo su Emanuela. Parlando con Parolin, ho chiesto anche a lui di prendere informazioni dal Papa per sapere se c’era la possibilità di avere e consultare quel fascicolo. E lui, Parolin, mi ha detto chiaramente che da parte di Francesco c’è chiusura totale rispetto a questa storia».
«Visto che il Papa ha deciso l’apertura degli Archivi Vaticani per il Pontificato di Pio XII nel 2020, facciamo un appello al pontefice affinché ci dia accesso al fascicolo che riguarda le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi», ha detto la vostra legale Laura Sgrò.
«Giusto. Perché non aprono prima quegli altri, di archivi? Visto che ci sono degli archivi segreti in Segreteria di stato in Vaticano. Li aprissero. Ci vorrebbe la volontà».
Secondo lei oggi ci sono le condizioni perché anche lo Stato Italiano chieda chiarezza?
«Me lo auguro, perché è mancato proprio il coraggio. Il coraggio di puntare il dito contro persone che sono a conoscenza dei fatti e che fanno parte dell’istituzione vaticana. Nel 2017 i senatori di M5s avevano chiesto una commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. con un disegno di legge a prima firma di Maurizio Santangelo. Poi è cambiato il Governo: Santangelo aveva promesso che sarebbe ripartita e che avrebbe ripresentato l’iniziativa. Ma non è stato più fatto. Monsignor Angelo Becciu aveva detto: ‘Il Vaticano era pronto a consegnare tutto, ma quando abbiamo saputo che il Movimento 5 Stelle chiedeva una commissione d’inchiesta ci siamo fermati. In casi del genere, la richiesta pubblica viene prima della richiesta della parte privata’. Non capisco perché, visto che glielo chiedevamo da mesi. Ma comunque: ad oggi la commissione non c’è, quindi dovrebbero essere disponibili a farci vedere questo famoso fascicolo. Ha anche un nome, pare: ‘Rapporto Emanuela Orlandi’».
Pietro Orlandi, a destra, nella sala Nassirya del Senato durante la conferenza stampa nella quale è stata presentata la proposta del Movimento 5 Stelle di una commissione d’inchiesta parlamentare sul caso della ragazza. Accanto a lui, il parlamentare del M5S Maurizio Santangelo, primo firmatario del disegno di legge a Palazzo Madama. Roma, 17 ottobre 2017. Ansa/Giuseppe Lami.