Lo studio: «L’Italia è più populista dell’Ungheria di Orban», ma non è tutta colpa di Salvini
È possibile misurare il populismo? Uno studio commissionato dal The Guardian a Team Populism ha permesso di far luce su uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni: la crescita a livello mondiale del populismo. Ma se prima era solo un’impressione, ora l’indagine pubblicata dal quotidiano inglese può finalmente dare una forma a una delle questioni più polarizzanti degli ultimi venti anni. Attraverso l’analisi dei discorsi di leader mondiali di quaranta Paesi, per ognuno dei loro mandati, nel corso di diciassette anni, il Guardian ha provato a classificare i Paesi e i capi di Stato più populisti al mondo. Il metodo di ricerca ha dato un voto compreso tra 0 e 2 (da non populista a molto populista) ad ogni discorso preso in considerazione, catalogandolo in quattro aree differenti: campagna elettorale, un discorso famoso, un discorso a un pubblico locale e uno a un pubblico internazionale.
Turchia
Il risultato della ricerca ha mostrato una crescita costante a livello mondiale e un cambiamento in direzione populista da parte di leader considerati non populisti vent’anni fa. La Turchia è il caso più emblematico. Il Paese di Erdogan è l’unico Stato non latino americano a cui sia stata assegnata una valutazione «molto populista», sulla base dei discorsi fatti dall’attuale presidente turco, nonché unico leader di destra ad aver raggiunto un livello così alto di retorica populista. Nel 2003, secondo lo studio, Recep Tayyip Erdogan era considerato un Capo di stato non populista, ma nel corso degli anni, fino a oggi, la sua politica ha avuto una traiettoria in crescita nei confronti di un linguaggio più populista. La Turchia è infatti il paese, tra i 40 analizzati, ad aver subito la più grande trasformazione in direzione populista rispetto agli altri stati.
Ungheria
Lo stesso discorso vale per l’Ungheria di Viktor Orban. Le politiche del premier ungherese, spesso dibattute in Europa, non erano considerate populiste durante il suo primo mandato, finito nel 2002. Ma il suo ritorno al governo nel 2010 lo ha fatto diventare uno dei primi ministri più populisti d’Europa.
America Latina
Il Venezuela ha invece visto una costante di retorica populista, dall’era di Hugo Chávez a quella del presidente in carica Nicolas Maduro. Il Paese latinoamericano, insieme all’Italia e all’Argentina, era nei primi anni 2000 tra i più vasti, in termini di popolazione, ad aver avuto leader populisti. Ma, tra il 2006 e il 2009 anche Paesi più piccoli, come l’Ecuador, la Bolivia e la Repubblica Ceca hanno conosciuto politiche populiste. L’espansione più significativa si è però verificata negli ultimi cinque anni, quando leader populisti sono arrivati al potere in Europa centrale e nell’est. In particolare, l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, Narendra Modi in India, il Messico di Obrador e il Brasile di Bolsonaro hanno portato il populismo al potere tra i Paesi più popolosi al mondo.
Italia
La ricerca ha visto coinvolti 46 ricercatori che hanno identificato discorsi populisti in 13 diverse lingue, analizzando quattro discorsi per ogni mandato. L’Italia rappresenta l’unico caso “anomalo” della ricerca. Se i mandati di Silvio Berlusconi sono stati etichettati come «in qualche modo populisti», al contrario di Prodi e Renzi, «non populisti», l’analisi di Conte, sottolinea lo studio, ha comportato diversi problemi.Il professore di diritto opera come mediatore, bilanciando le politiche dei due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nonostante sia stata rivelata una retorica non populista, lo studio ha richiesto l’intervento di esperti e analisti italiani alla luce dei discorsi di Di Maio e Salvini considerati altamente populisti. Il mandato di Conte, ancora in corso, è stato quindi valutato con un punteggio di 1, quindi populista. È stata l’unica analisi ad hoc fatta all’interno dello studio. La ricerca rivela che negli ultimi diciassette anni la popolazione che vive in Stati populisti è passata da 120 milioni a 2 miliardi. Le criticità sono tante, dalla scelta dei discorsi a quella dei paesi. L’approccio testuale è solo uno degli strumenti utili per valutare la reale propensione di un paese ad alimentare un clima populista, e rappresentano solo una parte relativa dei metodi di comunicazione dei politici.