Crollo ponte Morandi, più di 10 nuovi indagati tra Autostrade e Spea
Nuovi nomi vanno ad aggiungersi alla già numerosa lista degli indagati per il crollo del ponte Morandi, il viadotto stradale sul torrente Polcevera collassato lo scorso 14 agosto causando la morte di 43 persone. Gli uomini del Primo gruppo della Guardia di finanza hanno cominciato a notificare gli avvisi di garanzia.
I nuovi nomi iscritti nel registro degli indagati sono oltre una decina. Tra loro, oltre a tecnici di Autostrade per l’Italia e Spea (la società che si occupa del monitoraggio della rete autostradale), anche dirigenti del ministero delle Infrastrutture.
L’accusa è di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti e lesioni colpose. Secondo quanto appreso, le indagini si sarebbero spinte fino ai primi anni ’90, da quando cioè venne eseguito il primo lavoro di retrofitting nella pila 11 del ponte Morandi.
Secondo l’accusa, tutti sapevano che la struttura presentava «avanzati stati di ammaloramento» ma nessuno fece nulla per vietare la circolazione, almeno ai mezzi pesanti.
Nessun intervento è stato fatto dal 1992 fino al 2015, quando sono iniziati gli studi sulle altre due pile per arrivare al progetto di retrofitting nel 2017, approvato definitivamente nel giugno 2018. I lavori sarebbero dovuti partire tra la fine del 2018 e la primavera del 2019. Poco prima il viadotto è collassato.
Intanto, slitta la demolizione della pila 8 del ponte che doveva essere abbattuta sabato con l’uso di 250 microcariche esplosive. Stando a quanto emerso dalla riunione in prefettura, lo slittamento è necessario per compiere ulteriori approfondimenti sui materiali che dovranno implodere.
Su alcuni campioni prelevati dalla pila da abbattere, risulterebbero presenti alcune tracce di amianto. «Aspettiamo che sia valutata sotto il profilo sanitario e ambientale la compatibilità di uso degli esplosivi per l’abbattimento», ha spiegato Gabriele Mercurio, ingegnere di polizia mineraria e membro della Commissione esplosivi.