Processo Cucchi, ecco l’autopsia «secretata» che i Carabinieri ricevettero in tempo reale
Una settimana dopo la morte di Stefano Cucchi esisteva già una prima valutazione sul corpo del ragazzo che apriva a conclusioni molto simili a quelle di cui si discute ora (al terzo processo sulla sua morte) e non escludeva del tutto la «caduta» – ovvero la frattura nella zona del bacino e la botta in testa – come possibile causa o concausa del decesso.
E' il nuovo colpo di scena, arrivato nel corso dell'udienza di oggi nel processo contro cinque carabinieri, tre per omicidio preterintenzionale e due per calunnia nei confronti della Penitenziaria.
Il documento redatto dal primo medico legale incaricato dalla procura all'epoca dei fatti, nel 2009, non è stato condiviso né con i familiari del giovane geometra deceduto una settimana dopo il suo arresto, né con i consulenti medico legali che aveva scelto la famiglia.
Eppure, poche ore dopo che il medico incaricato dalla procura, Dino Tancredi, l'aveva concluso, il 30 ottobre 2009, questo testo era già nelle mani dell'allora comandante del "gruppo Roma" Alessandro Casarsa che ne traeva conclusioni parecchio diverse e più nette.
Proprio sulla base di questo atto e del parere di «esperti», l'ufficiale ha scritto il giorno stesso una relazione consegnata al comandante provinciale Vittorio Tomasone escludendo appunto un collegamento tra le lesioni subite e la morte.
Il documento segreto
Il pm – che aveva rivelato la relazione di Casarsa nel corso della scorsa udienza – ha deciso di depositare il documento questa mattina, prima di convocare in aula lo stesso generale, indagato nel fascicolo sui «depistaggi». E ne ha spiegato l'importanza:
Se il medico nel 2009 non poteva sapere il motivo della morte di Stefano Cucchi, allora come è possibile che i carabinieri nei loro documenti già lo sapessero? I legali della famiglia Cucchi nel 2009 avrebbero fatto richiesta invano di quel documento. Il dottor Tancredi in quella relazione preliminare spiegò che c'erano due fratture e non fratture precedenti alla morte. Inoltre non faceva riferimento ad alcuna responsabilità dei medici e al fatto che Stefano Cucchi era morto per una serie di cause ancora da accertare. Nella relazione dei carabinieri invece si sosteneva che non c'era un nesso di causalità delle ferite con il decesso.
Effettivamente, il documento di Tancredi del 30 ottobre si concentra fin da subito sulla «caduta» – all'epoca si parlava di caduta perché era la spiegazione data dallo stesso Cucchi ai medici. Le vertebre fratturate erano collegate ad una lesione avvenuta durante la detenzione e non a «una vecchia frattura» come è stato sostenuto per anni.
E l'ipotesi di cure sbagliate da parte dell'ospedale Pertini, ovvero la morte «per fame» di cui si è discusso fino alla fine del primi processo non veniva proprio presa in considerazione. Si diceva solo che Cucchi era in condizione di «estrema magrezza».
Le fratture
Si ritiene che la suddetta lesività tenuto conto delle relative caratteristiche quali-quantitative topografiche non contrasti globalmente considerata come ipotesi di caduta del soggetto come talora emerge da anamnesi rese a fronte di differenti approcci medici (dallo stesso Cucchi ndr)
Se questa botta al bacino c'entri oppure no con la morte il medico dice di non saperlo, mentre nella relazione dei Carabinieri di quello stesso giorno l'ipotesi viene subito esclusa. Scrive invece Tancredi:
La lesività traumatica contusiva allo stato attuale non appare assumere valenza causale nel determinismo letifero del soggetto. Quanto sopra è da intendersi quale preliminare parere con riserva di ulteriori approfondimenti
Dopo questo primo documento, le successive analisi fatte da una equipe allargate, di cui faceva parte anche il professor Arbarello, andranno in tutt'altra direzione e la vertebra lesa verrà tagliata rendendo più difficile capire se la frattura fosse recente o più vecchia.
Tancredi, sentito lo scorso 6 marzo, ha confermato che analizzò una prima volta il corpo di Cucchi il 23 ottobre, verbalizzando questo inizio di autopsia il 6 novembre insieme al consulente di parte.
Ma che il 30 scrisse anche una prima valutazione personale che non fu data alle parti: «Non so dirvi per quale ragione la predetta relazione preliminare non fu messa a disposizione delle altre parti fin dall'inizio delle operazioni», si legge nel suo verbale.
Proprio per questo, il pm nel depositare gli atti e il verbale di Tancredi ha chiesto alla corte di escludere Arbarello e gli altri consulenti dall'audizione in aula: «E' stata giocata una partita a carte truccate, non continuiamo in questa sede» ha detto.
Il silenzio dell'Arma
La corte non si è ancora pronunciata ma nel frattempo l'udienza si è chiusa con la convocazione di Alessandro Casarsa, il capitano Tiziano Testarmata (membro del Nucleo investigativo quando sono riprese le indagini e accusato di falso) e il colonnello Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti. Tutti e tre, indagati, hanno scelto di non rispondere.