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Tav, Nugnes (M5S): «Salvini si ricordi che è il contraente di minoranza nel governo»

09 Marzo 2019 - 17:40 Angela Gennaro
«Sulla Torino-Lione avrei preferito, a tempo debito, lo stop all'opera con un decreto ministeriale», dice a Open la senatrice "ribelle" del Movimento 5 Stelle. «Oggi non mi sento più sollevata»

L'annuncio ufficiale arriva via Twitter dall'account del Movimento 5 Stelle e via Facebook dal sottosegretario all'economia Laura Castelli. «Lunedì non partirà nessun bando per il Tav. Il Contratto di Governo ci impegna a ridiscutere l'opera integralmente». Anche Matteo Salvini, in giornata, richiama quel contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle. «In 6 mesi può cambiare il mondo», dice il vicepremier.

Crisi di governo sventata o solo rinviata? L'opera è solo posticipata di sei mesi o, come avverte il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, «questo rinvio vuol dire che la Tav non si farà». «Problema risolto, ora possiamo parlare d'altro», dice il capo politico dei grillini, Luigi Di Maio.

Sul dossier Tav «è arrivato il momento, tardivo, di far valere il peso della nostra maggioranza», ripete in questi giorni la senatrice "ribelle" grillina Paola Nugnes, da sempre critica su molti provvedimenti della maggioranza di cui pure fa parte insieme al Movimento 5 Stelle. «Non è un punto su cui possiamo cedere».

Nugnes, è soddisfatta del rinvio di sei mesi sul Tav portato a casadal premier Giuseppe Conte?

«Mi meraviglia la posizione di Matteo Salvini, che insiste sul sì al Tav. Con il contratto di Governo abbiamo detto che sarebbero stati valutati tutti i costi e benefici dell'opera per poi prendere una decisione. Quando, dall'analisi costi e benefici, è emersa chiaramente una direzione contraria alla realizzazione dell'opera, abbiamo dovuto constatare invece la presa di posizione per me fuori registro della Lega. Dopo tutti i rospi che il M5S ha dovuto ingoiare in questi mesi di governo… Non è che oggi mi senta più sollevata».

Sei mesi sono il tempo giusto per scavallare l'appuntamento elettorale delle Europee del 26 maggio.

«Questo è. E siamo stanchi che si debba sempre valutare l'opportunità propagandistica della Lega. Non ho in mano al momento gli strumenti per valutare le conseguenze di questo rinvio: certo avrei preferito, a tempo debito, lo stop all'opera con un decreto ministeriale. Voglio riportare tutto a quando siamo stati eletti: il patto reale è quello che abbiamo fatto allora con l'elettorato. Siamo andati casa per casa a presentare un programma, e gli italiani che ci hanno dato una delega lo hanno fatto in base a quel programma. Certo,alla resa dei conti e alla verifica dei fatti qualcosa può anche venire meno. Ma che ci si dimentichi di chi ci ha votati per dare solo adito e peso al contraente di minoranza non mi sembra sia la cosa giusta».

Sul Tav anche Salvini ha sempre richiamato il contratto di Governo.

«L'opera va ridiscussa. Nel senso che va proprio rivalutata l'opportunità di realizzarla: non credo altrimenti che il Movimento sarebbe stato d'accordo. È chiaro che un contratto di governo non è che una linea programmatica con titoli e capitoli che poi vanno realizzati. Il capitolo Tav, nel contratto di governo, mi sembrava assolutamente chiaro. In altri casi, vedi la voce immigrazione, non era detto che la traduzione di quanto previsto dal contratto sarebbe stata il decreto sicurezza. Eppure, si è ritenuto di dover fare fede a quel titolo facendo passare un decreto assolutamente inconciliabile con tutte le nostre posizioni. Stesso dicasi per la legittima difesa o per il cosiddetto "emendamento Romeo". Vogliamo mettere anche la Diciotti? La Diciotti non era certamente nel contratto di governo.

Sono state prese posizioni da parte dell'esecutivo di assoluta fedeltà a un impegno che io non condivido. E ci troviamo ora di fronte al contraente di minoranza che non vuole tenere fede all'impegno preso. Non so come spiegarle la mia amarezza. L'ho detto da subito, da quando ci siamo seduti per discutere il contratto di governo: c'erano troppi leghisti a quel tavolo. Era già sbilanciato su un'equità che non c'è. Gli italiani hanno dato valore e peso al programma del M5S con quasi il 33% dei voti, alla Lega con il 17%. Erano quelli i pesi da rispettare, per rispettare la volontà dell'elettorato. L'unico vincolo di mandato che un parlamentare e un esecutivo devono sentire di avere è quello con l'elettorato».

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