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Come opera la disinformazione nel conflitto civile venezuelano

10 Marzo 2019 - 22:22 David Puente
In Venezuela è in corso una guerra civile da anni, che lo vogliate ammettere oppure no, e le opere di propaganda e disinformazione non mancano. Ecco alcuni esempi, dal ponte Las Tienditas al ponte internazionale Francisco de Paula Santander e non solo

Avevamo già trattato la vicenda del ponte Las Tienditas e i tentativi di negare l’installazione dei blocchi – due container azzurri e da una autocisterna arancione – da parte del Governo venezuelano, così come il caso del video relativo alle violenze dei poliziotti venezuelani nel 2017 e le accuse a Juan Guaidò di aver rovesciato Milošević. In Venezuela è in corso una guerra civile da anni, che lo vogliate ammettere oppure no, dove sono morte persone da ambo i lati in un paese dove milioni di cittadini sono fuggiti all’estero e dove, uno scontro che non vedrà fine tanto presto per i motivi che avevo illustrato nel primo articolo sul tema pubblicato su Open. Oggi riporto come la propaganda da ambo le parti, a favore di Maduro e a favore di Guaidó, cerca di influenzare l’opinione pubblica diffondendo informazioni errate e dettate dalla foga tipica della tifoseria.

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I tre ponti al confine tra Colombia (S) e Venezuela (D).

Dal ponte Las Tienditas passiamo al ponte internazionale Francisco de Paula Santander dove il 29 febbraio 2019 andarono a fuoco alcuni mezzi che trasportavano gli aiuti umanitari provenienti dalla Colombia. La parte pro Guaidó accusava i militari venezuelani al confine di aver lanciato delle molotov, mentre la parte pro-Maduro accusava i civili che accompagnavano i mezzi verso il Venezuela, portando a galla prove a sostegno delle loro teorie che in alcuni casi si sono rivelate infondate.

L’arrivo dei mezzi e i primi scontri

Circola online un’immagine in cui si sostiene che i mezzi siano stati bruciati nel territorio colombiano e non venezuelano. Questa è un’informazione scorretta siccome il confine non è propriamente nel luogo dove si trovano, come segnato nell’immagine, i poliziotti venezuelani della Guardia Nacional. 

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Prima dell’arrivo dei camion la GNB aveva posto dei blocchi lungo il ponte fino al confine vero e proprio tra i due paesi. Nel video sotto riportato, pubblicato dal canale Youtube Caracol Radio, verso la fine notiamo che il primo blocco predisposto da agenti della polizia venezuelana è composto interamente da donne. Ad un certo punto qualcuno sostiene che stiano piangendo.

In un video della CNN in lingua spagnola si sente la voce di un uomo che chiede alle poliziotte di lasciar passare gli aiuti, alcune di queste non riescono a trattenere le loro emozioni cercando di nascondere il loro volto. In un video del canale Youtube RED+ i volti tristi delle poliziotte è più evidente tanto che alcuni dei manifestanti le consolano.

https://www.youtube.com/watch?v=I0fK1oXVJmQ

Di li a poco il primo blocco formato dalle poliziotte si rompe, correndo verso la fine del ponte sul lato venezuelano, e i manifestanti avanzano.

In questo video di NTN24ve viene ripreso l’arrivo dei mezzi verso la fine del ponte dove gli accompagnatori iniziano gli scontri contro la polizia venezuelana.

 

Le accuse verso la polizia venezuelana

Gli scontri iniziano e di li a poco uno dei camion prende fuoco. Alcuni giornalisti presenti sul posto avevano raccontato l’accaduto, come Luis Gonzalo Pérez di NTN24ve, sostenendo in un video che i poliziotti venezuelani avrebbero lanciato delle bombe lacrimogene contro il mezzo causando in qualche modo l’incendio. Non è un’accusa campata per aria, ci sono alcuni riscontri dove possono causare incendi.

Le bombe lacrimogene c’erano, come documentato anche dai video di Noticias RCN, ma non sono la causa dell’incendio. Oltre ai lacrimogeni vennero sparati verso la folla i famosi «perdigones», proiettili da caccia comunemente usati dalla Guardia Nacional Bolivariana per reprimere le proteste nel paese.

Lo stesso Juan Guaidó, il 23 febbraio 2019, denuncia via Twitter il Governo per aver dato a fuoco i mezzi contenenti gli aiuti umanitari provenienti dalla Colombia: «Il regime usurpatore si avvale di atti vili e intenta bruciare il camion con gli aiuti umanitari che si trova a Ureña», scrive nel tweet.

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Il tweet di Guaidó

 

I «guarimberos» violenti

I manifestanti contro il Governo di Nicolas Maduro vengono soprannominati «guarimberos», indifferentemente che siano violenti o meno. Alcuni di questi, con il volto coperto e con pessime intenzioni, si erano introdotti dalla Colombia in territorio venezuelano passando sotto il ponte, lasciato totalmente incustodito dalle forze dell’ordine locali. Li possiamo osservare mentre si organizzano in un video pubblicato su Twitter dalla giornalista Johana Fuentes di W Radio Colombia:

https://twitter.com/statuses/1099701058270576640

Nel video vediamo questi ragazzi, alcuni con il volto coperto, mentre tengono in mano molotov e preparano un vero e proprio attacco dal basso verso le forze di polizia venezuelane. Non mancano altre riprese dove gli autori violenti spiegano le loro motivazioni:

https://twitter.com/statuses/1099699081667055617

Altri erano presenti nel ponte e uno di questi, come vediamo nel video pubblicato il 24 febbraio 2019 da Sotiri Dimpinoudis, viene ripreso mentre lancia due molotov in due direzioni diverse. Una di queste potrebbe aver colpito il primo camion andato a fuoco.

https://twitter.com/statuses/1099785001380601858

Questo non accadeva soltanto nel ponte internazionale Francisco de Paula Santander, anche nel ponte internazionale Simón Bolívar che si trova più a sud. Ecco il video, condiviso da Bricio Segovia di Voz de América, dove osserviamo la preparazione delle molotov sotto il ponte:

https://twitter.com/statuses/1099715881213530113

 

Le molotov dei guarimberos e i camion

I civili che lanciavano le molotov da sotto e da sopra il ponte diventano i principali accusati, non più la polizia venezuelana. Nel video dove si nota il maldestro lancio delle due molotov non è di facile comprensione la posizione del guarimbero, ma ad aiutarci sono i proprio i mezzi presenti sul posto che non sono tutti uguali. Il camion in primo piano, infatti, è di colore blu che, guardando le riprese dall’alto, è il quarto in fila.

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L’autore del maldestro lancio si trovava accanto del terzo mezzo in fila di fronte alla polizia venezuelana e la molotov lanciata verso destra potrebbe aver effettivamente colpito il primo mezzo andato a fuoco, il secondo nella fila. Ecco l’infografica del New York Times in un articolo di oggi, 10 marzo 2019:

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L’infografica del NYT.

Il video del NYT riporta anche il momento in cui, mentre inizia il primo incendio, la polizia venezuelana chiede ai manifestanti di interrompere le violenze. Risulta plausibile che gli agenti volessero mantenere la situazione sotto controllo visto quanto era accaduto al secondo mezzo in coda di fronte a loro.

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Il video pubblicato dal NYT dove gli agenti della polizia venezuelana chiedono ai manifestanti di interrompere le violenze mentre bruciava il primo mezzo.

Anche Bellingcat.com si è occupato del caso in un articolo del 10 marzo 2019, partendo dalle accuse rivolte ai «colectivos» – sostenitori di Marudo – tramite dei video delle telecamere di sicurezza sul lato colombiano.

Nella ricostruzione di Bellingcat.com, confrontando i diversi video a disposizione, notiamo il lancio della molotov da parte del manifestante, la zona della caduta e l’incendio che inizia a diffondersi nel camion colpito. In mancanza dei video completi delle telecamere di sicurezza e di quelli richiesti al governo colombiano, Bellingcat riporta la medesima conclusione: «anche se le informazioni da fonti aperte che abbiamo al momento non permettono di dare una risposta definitiva su chi abbia causato l’incendio, c’è la possibilità che l’incendio sia stato causato da una molotov lanciata verso la polizia venezuelana e che ha fallito l’obiettivo colpendo il camion o andandoci comunque vicino da generare l’incendio».

 

Le foto del ragazzo con la tanica

Il 23 febbraio 2019 la corrispondente per la televisione governativa venezuelana Telesur, Madelein Garcia, pubblica via Twitter due foto per sostenere le accuse nei confronti della loro controparte. In queste un ragazzo tiene in mano quella che sembra una tanica mentre cerca di gettare un liquido – non ripreso – verso il mezzo in fiamme, un liquido che secondo la narrativa delle due immagini sarebbe infiammabile.

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Il tweet della giornalista della televisione governativa venezuelana

«Ecco le prove di chi ha bruciato il camion con i presunti aiuti umanitari a Ureña, sono stati gli stessi guarimberos», queste le parole della giornalista venezuelana. A dar man forte alla versione diffusa dai media di governo è stato il ministro venezuelano Jorge Arreaza, già vicepresidente di Nicolas Maduro, pubblicando una delle foto in un tweet del 24 febbraio 2019.

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Il tweet del ministro venezuelano.

Di fatto non viene mostrata alcuna immagine o video a sostegno che la tanica contenesse benzina o altro liquido utile a peggiorare la situazione dei mezzi in fiamme.

 

Altri casi di disinformazione

Il servizio fornito dal sito Misionverdad.com calpesta di fatto il nome che porta, ossia «Missione verità». Lo avevo già trattato in un precedente articolo sul ponte Las Tienditas, mentre questa volta parliamo di un tweet che riporta il video dove un giornalista honduregno di nome César Silva sarebbe stato «offeso» da Marcos Porras, diplomatico di Juan Guaidó in Honduras.

https://twitter.com/statuses/1100176223416782849

Porras sembra supponente e non disposto a rispondere alle accuse del giornalista. Ad un certo punto gli chiede il nome, probabilmente per segnalarlo alle autorità o a qualcuno in alto per far zittire la «stampa scomoda». Il video non è completo, nelle riprese precedenti notiamo che César Silva aveva alzato le mani contro Porras, colpendolo in faccia con il microfono.

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Il momento del colpo del giornalista al diplomatico

Ecco il video pubblicato su Youtube nel canale di La Nación Costa Rica: dove notiamo il colpo intorno al minuto 1:04 e le diverse volte in cui il giornalista honduregno mette le mani addosso al rappresentante venezuelano:

 

Conclusioni

Se vi aspettate imparzialità totale da una parte o dall’altra siete degli utopici. Se vi esaltate perché si scopre che «la parte a voi avversa» mente, e non ammettete che dalla «vostra parte» commettono gli stessi errori, siete tifosi. Questi casi non sono i primi, non saranno gli ultimi.

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