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Come scrivere il curriculum perfetto: ecco cosa vogliono le aziende dai più giovani

10 Marzo 2019 - 07:17 Felice Florio
«Non ha senso inserire l'elenco delle soft skill: è meglio che queste competenze emergano dalla vita privata e dagli hobby». I suggerimenti di Gabriella Bagnato, esperta di recruitment e docente dell'Università Bocconi

Il curriculum è il biglietto da visita da consegnare al nostro potenziale datore di lavoro. Informazioni brevi e chiare, tarate sulla società alla quale ci proponiamo. Creatività, irriverenza e serietà vanno di pari passo con il clima aziendale che si prospetta: occorre studiare nel dettaglio e calibrare di volta in volta ogni aspetto del curriculum affinché catturi l’attenzione delle risorse umane. Altrimenti, è solo fatica e carta sprecata.

L’Università Bocconi di Milano è tra i primi atenei al mondo per tasso di occupazione: a un anno dalla laurea, circa il 95% dei laureati ha un lavoro più o meno stabile e uno studente su quattro prosegue la propria carriera all’estero. Merito del Career Service e del pool di docenti che insegnano ai ragazzi come intercettare le offerte del mercato.

Tra loro, la professoressa Maria Gabriella Bagnato, esperta in Recruitment e Selezione: «Le aziende non guardano solo le competenze tecniche già acquisite dai giovani, ma soprattutto le potenzialità. L’insieme delle skill personali, come la capacità di imparare dall’esperienza, fanno la differenza nel processo di assunzione». Ecco i suoi consigli per far colpo sull’Hr.

Formato

«I curriculum solitamente hanno una struttura abbastanza rigida. Ma è anche vero che la forma serve a distinguersi dalla massa», spiega Bagnato. Insomma scrivere un curriculum è un gioco di equilibrio. Uno sviluppo regolare del testo, un font professionale e colori non troppo accesi restano comunque la norma. La chiarezza vince su tutto. «L’indicazione, a meno che non si faccia application per una società di super creativi, prevede che siano riportate le informazioni in maniera semplice, lineare e senza virtuosismi grafici».

Cosa ci deve essere e in che ordine

«Conviene dividere il cv per paragrafi dedicati e svilupparli in quest’ordine – ci dice la professoressa Bagnato:

  • Una foto professionale, non in bianco e nero e con sfondo preferibilmente neutro o sfocato;
  • Informazioni anagrafiche e che servano a rintracciare il candidato;
  • Dati relativi all’education, partendo dai più recenti;
  • Esperienze professionali, distinguendo però quelle in senso stretto da stage e simili, che vanno riportati sotto;
  • Conoscenze linguistiche e informatiche;
  • Attività extra-curriculari che raccontano le soft skill».

 

Errori da evitare

La docente, pensando alle centinaia di curriculum corretti ai suoi studenti, ricorda gli sbagli più frequenti: «Mai foto non professionali, magari durante un party o a bordo piscina. Indirizzi sbagliati, Evitare di superare una pagina e occhio a mantenere una coerenza grafica. Mai differenze di stile di scrittura, magari fare un paragrafo in prima persona e quello successivo in terza persona. Bisogna ricordarsi mentre si compila un curriculum delle regole basic della buona educazione e di come ci si presenta».

Ma non c’è il rischio che i curriculum delle persone agli inizi della propria carriera siano tutti uguali?. «Non è quello il problema principale, nonostante le aziende ricevano migliaia di cv che sembrano quasi fotocopie. Un laureato in economia alla Bocconi non è che abbia un curriculum molto diverso da un laureato in Statale. Il cv è una prima base informativa che dev’essere proposta in modo tale da facilitare la lettura al selezionatore, dando per altro, ricordatelo sempre, le informazioni necessarie all’azienda per trovare il candidato: numero di telefono, mail, indirizzo… tutto corretto e aggiornato.

Bisogna fare attenzione al fatto che il curriculum vitae è davvero il biglietto da visita, la prima impressione che si dà è scritta in quelle righe. Precisione, altissima precisione. Nessun refuso, nessuna capriola linguistica o grafica che lo renda difficile da leggere. Né troppo lungo, né troppo sintetico. Soprattutto per i neo-laureati, scrivere più di una pagina dà l’impressione di essere presuntuosi, meglio rientrare in un foglio eliminando le cose meno utili per quella posizione lavorativa. La foto, ribadisco, professionale: niente bikini o occhiali da sole. La cura è fondamentale. Ma è solo il primo step».

Come scrivere il curriculum perfetto: ecco cosa vogliono le aziende dai più giovani foto 1

Maria Gabriella Bagnato – Lecturer del Dipartimento di Management e Tecnologia dell’università Bocconi

Soft skill

«Le soft skill sono essenziali perché trasformano le competenze tecniche in risultati effettivi. Per questo sono abilità che hanno grande valore in un cv.

  • Il problem solving: è una sfera che comprende il saper pensare in modo critico, la capacità di agire autonomamente, creare relazioni tra ambiti apparentemente scollegati che servono a comprendere le dimensioni di un problema. Di base, lavorare significa risolvere problemi. per questo si tratta di una skill fondamentale;
  • Il pensiero creativo: utile se un’azienda necessita di una spinta all’innovazione molto forte. In caso contrario potrebbe essere controproducente evidenziarlo nel curriculum;
  • Tutte le competenze relative all’ambito relazionale. Comunicare in modo chiaro, la capacità di influenzare, di gestire la tensione e il conflitto. La capacità di negoziare risorse. Molto importante la costruzione di un network interno. Perché si lavora meglio nella misura in cui si hanno relazioni dentro l’azienda: si ha un accesso più facile alle informazioni, alle risorse. E, banalmente, è più facile collaborare per il risultato comune;
  • Le capacità legate all’autogestione: ovvero saper organizzare il proprio tempo, capire le priorità sia per se stessi che per l’azienda. La capacità di gestione dello stress. È importante sapersi mantenere in una condizione di stress positivo, in uno stato di attivazione che nasce dalla curiosità, dalla voglia di imparare, dal fatto di trovarsi un po’ fuori dalla zona di comfort. Bilanciare questa tensione positiva con la tensione negativa che sperimentiamo quando ci troviamo in una situazione che non possiamo controllare».

Ma la professoressa Bagnato vuole aggiungere una cosa importante «che riguarda soprattutto i giovani che sono tech driven. Abbiamo delle evidenze rispetto al fatto che il multi-tasking sia una grandissima causa di stress. In alcuni casi ci è imposto il multi-tasking perché dobbiamo fare tante cose in poco tempo. Quello che viene richiesto adesso dalle aziende è la capacità di governare questo multi-tasking. Ad esempio noi in università prepariamo i ragazzi a focalizzare l’attenzione: se riusciamo a concentrarci per un lasso di tempo su una cosa sola, la performance migliora tantissimo.

C’è un esempio che faccio sempre agli studenti: quando il vostro smartphone ha tante app aperte succede che va molto lento e la batteria si scarica prima. Alle persone accade esattamente la stessa cosa: se siamo aperti su tanti task utilizziamo tantissime energie e le nostre pile si scaricano. Capacità di focalizzazione, sta diventando richiestissima dalle aziende».

Non fare l’elenco delle abilità

«Esperienze all’estero, corsi di formazione, attività di volontariato, lavoretti, hobby. Ha senso scriverli se fanno venir fuori particolari abilità. Meglio farle risaltare in questa maniera piuttosto che fare l’elenco “Soft skill”. Lascia il tempo che trova. Scrivere “capace di lavorare in team” vale molto meno di un “gioco nella squadra di basket in serie C”.

Le autocertificazioni, anche nel colloquio, non hanno senso. Nessuno verrà mai a chiedere “Lei è un leader?”. I profili Linkedin più evoluti riportano “Ho avuto questo ruolo. Nell’ambito di questo ruolo ho gestito queste persone. Ho usufruito di un determinato budget e sono arrivato a questi risultati”. Semplice, lineare e racconta moltissimo a un Hr

«Al selezionatore non interessa tanto quello che uno ha fatto nella vita. Ma quello che uno ha imparato facendo quelle cose. Dire che uno ha studiato Economia alla Bocconi dice qualcosa, ma non quello che serve per valutare se il candidato c’entra con l’azienda. Spesso non ce lo ricordiamo, ma la vita privata racconta di competenze spendibili nel mondo del lavoro.

Per esempio se hai la media del 28 in università mentre fai un corso di fotografia e nel tempo libero alleni una squadra di pallavolo di bambini, devi scriverlo e far risaltare il fatto che hai tre interessi forti. Tutto questo racconta che sei in grado di gestire bene più attività, che sai organizzare il tempo, hai capacità di multi-tasking, portare a termine i singoli obiettivi per avere ottimi risultati nel complesso».

Aggiornare, calibrare e differenziare il cv

«Ogni impresa ha una sua cultura, un suo modello organizzativo e dei suoi valori. Se mi candido a Google o a Unicredit, devo per forza elaborare due curriculum diversi. Quello che valutano i selezionatori è anche se le caratteristiche della persona combaciano nel contesto organizzativo. La storia dell’azienda ci racconta i comportamenti e gli atteggiamenti socialmente accettabili.

Il curriculum dovrebbe essere costruito per raccontarsi in modo tale da dare un messaggio coerente con quello che le risorse umane stanno cercando. Senza essere sensazionalisti. Non faccio la differenza in un application per l’Unicredit mettendo una foto in piazza Gae Aulenti a Milano, sia chiaro».

Cover letter, sì o no?

«Ha senso allegare cover letter solo nella misura in cui aggiungono valore. Una cosa che va fatta prima di fare application è studiare il sito dell’azienda e leggere gli ultimi articoli a riguardo, per cercare di capire qual è lo stile della casa. La cover letter, a meno che non sia espressamente richiesta, ha senso allegarla se ho delle cose da dire che possono colpire l’interlocutore di un contesto che cerca delle caratteristiche che io ho e vale la pena comunicare in chiave descrittiva».

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