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«Hanno dato la vita per fare del bene. Andremo avanti per loro». Il sogno di Africa Tremila dopo la tragedia

10 Marzo 2019 - 19:59 Felice Florio
Nel tragico incidente aereo sono morti tre membri dell'associazione Africa Tremila: il presidente Carlo Spini, sua moglie Gabriella Vigiani e il tesoriere Matteo Ravasio. «Sarebbe un affronto non continuare con Africa Tremila, è la nostra missione, davvero. Il loro desiderio era quello di fare del bene. Dare senza aspettarsi nulla in cambio. Non li deluderemo, continueremo a essere una piccola, grande famiglia», afferma la vicepresidente Gisella Inverardi a Open

«L’idea di andare in Africa c’è sempre stata, ma la vita mi aveva portato a rimandare. Nel 2002, una volta in pensione, ho conosciuto Robi Spagnolo, uno dei fondatori di Africa Tremila. È nata una grande amicizia e sono partito per il mio primo viaggio». Carlo Spini, che ha perso la vita durante il disastro del Boeing 737 in Etiopia, raccontava così l’inizio della sua attività di volontariato.

Il 10 marzo era in viaggio insieme alla moglie e al tesoriere di Africa Tremila verso Juba, capitale del Sud Sudan: «Qui il conflitto etnico ha portato a una grande povertà. A gennaio di quest’anno abbiamo aperto un dispensario sanitario di 450 metri quadrati che si occupa delle terapie per l’Aids e di tutto quello di cui ha bisogno la gente». Queste le parole della sua ultima intervista, pubblicata dalla rivista Bergamo artigiana.

«Ci siamo sentiti due giorni fa», racconta a Open la vicepresidente della onlus Gisella Inverardi dopo aver saputo della tragedia. «Le ultime parole di Matteo Ravasio, il commercialista del gruppo, sono state “Ti abbraccio”. Lo diceva alla fine di ogni telefonata». Inverardi, dopo aver saputo del disastro aereo, ha chiesto all’agenzia di viaggio di verificare che il numero del volo non fosse lo stesso. Qualche minuto dopo, la drammatica notizia.

«Hanno dato la vita per fare del bene. Andremo avanti per loro». Il sogno di Africa Tremila dopo la tragedia foto 3

Gisella Inverardi consegna materiale scolastico in Congo

«Non pensava ad altro: Carlo desiderava aiutare chi aveva bisogno. Dovevate sentire con quanta fierezza parlava del suo “faro”, l’ospedale di 1000 metri quadrati che abbiamo costruito in Zimbabwe con Africa Tremila. Gabriella, sua moglie, lo seguiva in ogni progetto con passione. Era in pensione, ma la sua esperienza da infermiera era utilissima».

«Hanno dato la vita per fare del bene. Andremo avanti per loro». Il sogno di Africa Tremila dopo la tragedia foto 2

Carlo Spini nel presidio ospedaliero a Juba

Nata nel 1995, la onlus ha 14 progetti attivi in Asia, Africa e Sud America. «Ma la nostra forza è una: Africa Tremila è una famiglia. Quello che ci caratterizza è che siamo una piccola realtà e vogliamo rimanere tale – continua Inverardi – Siamo, eravamo, in sette. Ognuno di noi con delle competenze specifiche: c’è un avvocato, un architetto, Matteo era il tesoriere, Carlo e sua moglie gli esperti di medicina».

«Hanno dato la vita per fare del bene. Andremo avanti per loro». Il sogno di Africa Tremila dopo la tragedia foto 1

Carlo Spini in Sud Sudan

Eppure le attività che hanno organizzato da Bergamosono tante: nel 2017 hanno finanziato per 576 mila euro più di dieci progetti dal Madagascar, dove hanno messo in piedi vere e proprie fattorie.ACuba è stata avviata la costruzione di un pozzo. «Abbiamo tre linee guida, ma ovviamente le esigenze cambiano in ogni territorio. In generale ci occupiamo di aiuto e sostegno alimentare, della realizzazione di presidi ospedalieri e della costruzione di scuole».

https://www.facebook.com/AfricaTremila/videos/904308419600508/

E aggiunge Inverardi: «Per noi sette è la prassi andare in Africa. Non doniamo semplicemente dei soldi, ma il nostro comandamento è svolgere sopralluoghi continui per verificare sul posto l’avanzamento dei progetti. Inoltre, con le sue competenze mediche, Carlo formava i dottori locali».

Troveranno le forze per andare avanti? «Hanno dato la vita per questo. Sarebbe un affronto non continuare con Africa Tremila, è la nostra missione, davvero. Il loro desiderio era quello di fare del bene. Dare senza aspettarsi nulla in cambio. Non li deluderemo, continueremo a essere una piccola, grande famiglia».

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