Fukushima a 8 anni dal triplice disastro
Cade oggi 11 marzo l’anniversario di uno degli eventi più tragici dell’ultimo decennio. 8 anni fa, un terremoto di magnitudo 9 colpì la costa settentrionale del Giappone, coinvolgendo la regione del Tōhoku. L’episodio diede il via a una reazione a catena catastrofica: l’epicentro in mare, a 30 chilometri dalla superfice, provocò uno tsunami con onde anomale di oltre i 10 metri e di velocità pari a 750 km/h, che distrussero le cittadine sulla costa. A essere colpite maggiormente furono le prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima. Al maremoto seguì l’eco-disastro: i movimenti provocarono 4 di esplosioni chimiche nella centrale nucleare di Dai-ichi, che si susseguirono nei giorni successivi al terremoto. Si tratta dell’unico incidente la cui gravità è stata paragonata a quella di Černobyl.
Oggi alle 14:46 in punto, orario locale, un minuto di silenzio è stato osservato al Teatro nazionale di Tokyo, l’esatto orario in cui si verificò il terremoto. In base ai dati del governo giapponese, quasi 16mila persone sono morte in seguono al maremoto che ha smantellato intere comunità. Di queste, oltre 2.500 risultano ancora disperse. Non solo: almeno 3.700 persone sono decedute per problemi di salute associati al disastro, e oltre 470mila residenti sono stati costretti ad abbandonare le proprie case in prossimità della zona di evacuazione a causa della dispersione di materiale altamente radioattivo. 50mila tra gli sfollati risultano ancora senza una sistemazione definitiva.
Ancora oggi, nella prefettura di Fukushima molte municipalità rimangono completamente chiuse dopo il meltdown (reazione a catena in una centrale che porta all’esplosione e alla diffusione di onde radioattive) dei tre reattori della centrale atomica. I lavori di bonifica dell’impianto richiederanno decenni, e, a causa dell’altro livello di radiazioni presenti, avanzano con difficoltà. Il processo di rimozione del magma radioattivo all’interno della centrale gestita dalla Tokyo Electric Power (Tepco), dovrebbe iniziare nel 2021, mentre la ricostruzione delle infrastrutture e delle strade dovrebbe essere conclusa per la fine dell’anno fiscale 2020.
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