Brexit: il «no deal» bocciato per una manciata di voti
Con una maggioranza risicata – 312 voti a favore e 308 contrari – la Camera dei Comuni britannica ha votato contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo. Un emendamento programmato prima del voto sulla mozione del Governo ha fatto saltare del tutto l’ipotesi «No deal», considerata molto dannosa per l’economia britannica.
Una decisione sancita poi anche da un secondo voto contro la mozione del Governo, sconfitto con un maggioranza più larga di 43 voti. Il parlamento ha anche bocciato l’ipotesi di posticipare la Brexit al 22 maggio (anziché al 29 marzo 2019). Ma non è detta l’ultima parola: domani dovrà decidere, con un nuovo voto, se posticipare comunque l’uscita dall’Unione europea.
Il parlamento britannico ha giocato d’anticipo
Il parlamento britannico era stato chiamato a votare a favore o contro una mozione del Governo che voleva escludere la possibilità di un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo.
La premier Theresa May, che ieri ha incassato un’ennesima, pesantissima sconfitta quando il parlamento ha bocciato, per la seconda volta, il suo accordo negoziato con l’Ue, aveva già annunciato che avrebbe votato per bloccare un no deal Brexit.
Ma il parlamento ha giocato d’anticipo, tabulando un emendamento che escludeva definitivamente l’uscita senza accordo, prima che il Governo potesse far votare la propria mozione che, invece, apriva alla possibilità di un’uscita senza accordo come opzione di default nel caso di un mancato accordo tra le parti.
In giornata il Governo aveva pubblicato un piano tariffario da adottare nel caso di un’uscita senza accordo. L’annuncio di un totale azzeramento delle tariffe su 87% delle importazioni nel Regno Unito ha fatto scattare il panico. Il timore era che le tariffe rimanenti avrebbero potuto far schizzare i prezzi di alcuni beni di consumo, dalle scarpe alla carne. La Confederation of British Industry (CBI), la confindustria britannica, ha definito i piani del Governo letteralmente una «martellata» all’economia.
La proposta di non introdurre nuovi controlli doganali e quindi eliminare tutte le tariffe tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica Irlandese aveva dato luogo anche a timori che l’Irlanda del Nord potesse trasformarsi in un paradiso per i contrabbandieri di merci. Una soluzione che, secondo la valutazione del primo ministro irlandese Leo Varadkar, era destinata a fallire.
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Il 14 marzo si vota di nuovo
Dopo la votazione la premier Theresa May ha confermato che giovedì 14 marzo, il parlamento dovrà decidere nuovamente se posticipare la Brexit oppure no. Nonostante il voto di oggi, May è tornata a ribadire che l’uscita senza un accordo è ancora possibile. L’ipotesi di un “no deal” infatti sarà soltanto scongiurata del tutto nel momento in cui le due parti – Ue e Regno Unito – raggiungeranno un accordo, oppure revocando l’articolo 50 del trattato sull’Unione europea, bloccando del tutto la Brexit. Non è ancora chiaro se e di quanto ci sarà un’estensione.
Cosa succede adesso?
Tra le varie ipotesi, oltre a un possibile secondo referendum o un’estensione tecnica di breve periodo, c’è anche la possibilità di un’estensione di breve-lungo periodo che porterebbe quindi il Regno Unito a participare nelle elezioni europee di maggio. Ma questa è un’altra storia.