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Gli studenti di tutto il mondo in piazza per il clima. Intervista agli attivisti italiani di #Fridaysforfuture

15 Marzo 2019 - 06:18 Henry Albert
Si manifesta anche a Milano e in altre 100 città italiane contro il cambiamento climatico. Sono una minoranza di ragazzi e ragazze che si sono fatti portatori e portatrici di una causa che segnerà, volenti o nolenti, un'intera generazione

Gli attivisti del movimento #FridaysforFuture non amano la politica, ma la vogliono cambiare. Dicono di essere apartitici, di non identificarsi né con la destra né con la sinistra, ma sono anti-capitalisti e contro il turbo-consumismo che fa male alla società e anche al pianeta.

I loro idoli però non sono Karl Marx, Antonio Gramsci e neppure qualche politico Verde o attivista di Greenpeace, ma Mahatma Gandhi e la stella di Hollywood Leonardo di Caprio che negli ultimi anni si è speso molto e pubblicamente per il clima.

Ovviamente Greta Thunberg, l’ineffabile paladina del clima svedese sulle spalle della quale ormai pesano le speranza e le ambizioni di attivisti climatici di tutto il mondo, è un punto di riferimento imprescindibile. Ma lo sono anche, forse ancor di più, i climatologi.

In particolare gli scienziati autori del rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’ente consultivo dell’Onu secondo il quale rimangono soltanto 12 anni per ridurre le emissioni e contenere l’implosione del clima, di cui parlano con toni riverenti.

La scienza che dà concretezza al loro idealismo e legittima la loro intransigenza. Ridurre drasticamente le emissioni. Ridurre gli sprechi. Investire nei trasporti pubblici e nelle energie rinnovabili. De-carbonificare l’economia. E salvare il pianeta.

Un’equazione semplice, anche troppo, che rischia di risultare semplicista. Sono molte le critiche che gli si potrebbero rivolgere. Poco tatticismo politico, che rischia di renderli irrilevanti. Tante idee, ma poche su come attualizzarle concretamente, trovando un equilibrio con quelle che sono altre esigenze sacrosante, come la necessità di garantire l’occupazione e finanziari i cambiamenti che propongono.

Forse anche una poca consapevolezza di quelle che sono le responsabilità dei più grandi Paesi inquinatori del mondo, come la Cina e l’India. E un’eccessiva idealizzazione dei leader – prima fra tutti Greta Thunberg – che stride invece con la forte spinta egalitaria all’interno del movimento stesso.

Ma loro si difendono così: «Siamo soltanto ragazzi. Non possiamo avere tutte le soluzioni». Gli «adulti» sono benvenuti, fanno parte dal movimento da sempre: a Milano la prima a scendere in piazza è stata Sarah Marder, una signora e non una liceale, che da dicembre si è data da fare per il clima, ogni venerdì.

Si sono uniti a lei altri adulti ma anche ragazzi e ragazze, adolescenti e ventenni. Alcuni scioperavano a lavoro, altri lo facevano a scuola. La pagina Facebook del gruppo – cambiata in serata dopo un hackeraggio – contava circa 30 mila aderenti in Italia. Non pochi per un organizzazione senza vertice.

https://www.facebook.com/FridaysItalia/photos/a.396163751182851/396163714516188/?type=3&theater

Meno rispetto ad altri Paesi come il Belgio o la Germania dove negli ultimi mesi hanno manifestato decine di migliaia di persone. La coscienza climatica non è altrettanto forte in Italia, non solo tra i ragazzi, ma anche tra i politici, nonostante gli elogi fatti a Greta Thunberg da parte di Nicola Zingaretti e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha detto che questo venerdì, a differenza di altri Paesi, gli studenti non avranno il diritto di saltare la scuola. Ma loro lo faranno lo stesso. Sono ragazzi come Miriam (16 anni), Alessandro (25) e Andrea (28), che hanno raccontato a Open la loro esperienza e le loro motivazioni.

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