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Clima infame: tutti quelli contro Greta e la piazza verde

Da Maria Giovanna Maglie, che la metterebbe sotto con la macchina, al gioco di parole «gretini», Rita Pavone e Diego Fusaro, fino a Giuliano Ferrara e Matteo Salvini. Il fronte No-Greta coincide (quasi) con quello sovranista

La riprova del fatto che Greta Thunberg sia già una leader è  lo stuolo nutrito dei suoi detrattori. Il motto mussoliniano: «Molti nemici, molto onore», andrebbe ribaltato. Parrebbe il caso di dire: molto onore, molti nemici. Anche nel seppur non molto significativo, dal punto internazionale, giardinetto della polemica nostrana, la sedicenne si è già ritagliata un ruolo di anti-icona che invidierebbero molti politici e personaggi pubblici italiani. Ad aprire le danze era stata la Rita Pavone che su Twitter aveva definito Thunberg «un personaggio da film horror». Il tweet, piaciuto a Lorella Cuccarini, aveva scatenato un fuoco di polemiche sulla cantante accusata di aver ironizzato sull’aspetto fisico della giovane che è affetta dalla sindome di Asperger. Pavone si era poi scusata, ma, come è noto, una smentita è una notizia data due volte.

Ma è con la manifestazione ecologista #FriadaysforFuture, che ha visto in piazza un milioni di giovani, che gli attacchi contro Greta Thunberg si sono acuiti. Maria Giovanna Maglie, la giornalista e scrittrice sovranista che qualcuno avrebbe voluto alla conduzione della striscia quotidiana dopo il Tg1 che fu di Enzo Biagi, intervenendo alla trasmissione Un giorno da pecora del 15 febbraio su Radio Uno ha dichiarato: «Adesso non si può dire più niente di male su di Greta perché ha la sindrome di…come si dice? Il politically correct e anche il buonsenso mi vietano a questo punto di dire quello che avrei detto se fosse stata sana. Che l’avrei messa sotto con la macchina».

Decisamente meno brutale, ma più ironico il tweet, di Giuliano Ferrara, fondatore del quotidiano Il Foglio e notoriamente non grande estimatore, per usare un eufemismo, delle teorie sul Global Warming, che con il suo stile inconfondibile ha lanciato il suo anti-endorsement: «Non vorrei essere accusato di pedofobia, ma io detesto la figura idolatrica di Greta, aborro le sue treccine e il mondo falso e bugiardo che le si intreccia intorno #nogreta». Cambiando registro e spessore (come la si pensi, il «pedofobia» di Ferrara è impareggiabile) troviamo il filosofo del marxismo sovranista Diego Fusaro che, nel suo usuale stile ellittico, ci informa, fra una citazione di Adorno e una di Hegel che «l’operazione Greta»nulla sarebbe se non un tentativo delle élite cosmopolite in vista delle prossime elezioni europee di «occultare economia, sfruttamento, classismo».

E poi, naturalmente ci sono i quotidiani. E i giochi di parole si sprecano. Il più ricorrente non è rivolto direttamente a Greta, ma ai suoi seguaci, che diventano «gretini» per evidente assonanza con la parola “cretini”.  Per altri, dietro alla giovane attivista ci sarebbe un esperto di comunicazione, Ingmar Rentzhog. Parrebbe di capire che il comunicatore, novello Gianni Boncompagni, teleguiderebbe Greta come il regista durante la trasmissione Non è la Rai un’altra sedicenne: Ambra Angiolini. Per altri ancora quello di Greta sarebbe soltanto «marketing buonista» e la sua «una truffa».

Ultimo, ma non in ordine di importanza, è il ministro dell’Interno Matteo Salvini che non se la prenda con Thunberg, ma con i giovani manifestanti in piazza, colpevoli, secondo il vicepremier di non avere nessun interesse per l’ambiente, ma di far parte dei «soliti» gruppi organizzati (probabilmente riferendosi agli attivisti dei centri sociali). Il ministro dell’Interno in due diversi post non manca di ricordare come sia proprio lui l’obiettivo dei manifestanti, più che i fattori che condizionano il clima.

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