In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
ESTERIBrexitCommissione UERegno UnitoUnione europea

Brexit: accordo Ue su proroga al 22 maggio con ok di Westminster

21 Marzo 2019 - 12:44 Redazione
La situazione è paradossale. Il Regno Unito si prepara a lasciare l'Unione europea. Ma potrebbe comunque dover partecipare alle elezioni europee. Decisivo un possibile terzo voto sull'accordo di Theresa May previsto per la prossima settimana. 

Accordo dei 27 leader al vertice europeo per una proroga sulla Brexit che prevede una scadenza limite al 22 maggio condizionata al voto positivo di Westminster sul divorzio. In caso di bocciatura Londra dovrà indicare come intende comportarsi col voto delle Europee entro il 12 aprile. Si apprende da fonti diplomatiche europee.

La situazione prima dell'accordo

Manca poco più di una settimana alla data ufficiale della Brexit (prevista per il 29 marzo 2019). O forse no. Ormai i negoziati tra i due blocchi riguardano sempre meno cosa avverrà nel momento in cui il Regno Unito dovesse davvero lasciare l'Unione europea e sempre di più se e per quanto tempo rimandare la Brexit. Theresa May sembra determinata a costringere il parlamento a seguirla.

Dopo che il portavoce della Camera dei deputati, John Bercow (noto per i suoi sonori richiami all'ordine), ha detto che non sarebbe stato consentito al parlamento britannico di votare per una terza volta l'accordo negoziato dalla premier, May è volata a Bruxelles per chiedere un una proroga di 3 mesi, fino a giugno. Sarebbe il terzo anniversario dal referendum sulla Brexit.

Adesso gli scenari sono, come sempre, diversi. Inserendo le concessioni ottenute dai partner europei a Bruxelles la scorsa settimana nell'accordo ufficiale, May spera di convincere John Bercow a far votare di nuovo, per la terza volta, il parlamento. Nel momento in cui dovesse riuscire a far passare il suo accordo, allora una breve posticipazione della Brexit potrebbe essere possibile per permettere le due parti a prepararsi.

Nel momento invece in cui May dovesse perdere per la terza volta, diventerà davvero molto difficile per lei resistere alle dimissioni. Lo scenario più probabile in quel caso sarebbe una posticipazione lunga della Brexit (si parla addirittura di anno) per permettere alle parti di negoziare un nuovo accordo o, può anche darsi, di tenere un nuovo referendum.

Le votazioni precedenti

La scorsa settimana si sono succeduti tre voti molto importanti sulla Brexit. Il 12 marzo il parlamento britannico aveva bocciato per la seconda volta l'accordo negoziato da Theresa May con l'Unione europea, frutto di oltre due anni di trattative. Rispetto alla prima bocciatura il margine è stato meno bruciante – 242 voti a favore, rispetto ai 202 di gennaio, 391 contrari anziché 432 – ma la sostanza rimane la stessa. La camera dei deputati continua a essere contraria a un accordo che contiene un "backstop" – il regime tariffario speciale da applicare nel periodo di transizione.

Nei giorni successivi – il 13 e il 14 marzo – la Camera dei deputati aveva votato altre due volte sulla Brexit. Nella prima delle due date il parlamento aveva deciso di escludere qualsiasi tipo di uscita senza accordo, noto come «no deal Brexit». Il 14 marzo invece la Camera si era espressa a favore di un'estensione dell'articolo 50 del trattato sull'Unione europea permettendo, in via teorica, una posticipazione della Brexit. Entrambi i voti hanno un valore politico ma non legale. L'uscita del Regno Unito dall'Ue senza accordo è una possibilità. Sulla posticipazione della Brexit, le trattative sono ancora in corso.

Le elezioni europee

Il Regno Unito dovrà comunque partecipare alle elezioni europee di maggio? Nel caso in cui ci dovesse essere un'estensione breve della Brexit fino a giugno, il Regno Unito probabilmente sarà esente, visto che il nuovo parlamento si insedierà soltanto il 2 luglio. Lo stesso vale per un'uscita senza accordo. Se invece dovesse esserci un'estensione più lunga (nell'ipotesi in cui l'accordo di Theresa May dovesse essere bocciato per una terza volta dal parlamento), allora il Regno unito potrebbe essere costretto a partecipare.

A determinarlo, come ha ricordato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in una lettera dell'11 marzo al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, i trattati europei impongono a tutti i Paesi membri di partecipare alle elezioni europee. Esistono però pareri contrastanti. La BBC ha rivelatoche il parlamento europeo potrebbe costituirsi a luglio anche senza la partecipazione del Regno Unito, secondo una lettera dell'ufficio legale dello stesso parlamento europeo.

La faccenda non è banale. Innanzitutto perché l'uscita del Regno Unito dall'Ue prevede la re-distribuzione dei suoi seggi all'europarlamento (73 in tutto) ai Paesi membri (l'Italia sarebbe passata da 73 a 76). La permanenza del Regno Unito nel parlamento europeo potrebbe spostare ulteriormente gli equilibri a favore degli schieramenti euroscettici (i conservatori fanno parte del gruppo Conservatori e Riformisti Europei) a discapito dei maggiori partiti (il Partito popolare europeo di centrodestra e Partito socialista europeo di centrosinistra).

Nei primi mesi della nuova legislatura il parlamento sarà chiamato ad affrontare una serie di decisioni chiave – come l'elezione del nuovo presidente della Commissione – che condizioneranno la vita dell'Unione europea nel lungo termine. Il contributo del Regno Unito potrebbe essere determinante.

Articoli di ESTERI più letti