Giovani musulmane aggredite a Torino: «Ci ha strappato il velo dalla testa e preso a pugni»
«Ci ha strappato il velo dalla testa. Insieme al velo, ha tirato via tutti i valori su cui è fondata l’Europa». Comincia così il racconto di Fatima Zahra Lafram, vittima, insieme ad alcune amiche, di un'aggressione da parte di una donna su un autobus di Torino. «Ha distrutto e umiliato non solo noi, ma anche tutti quelli che credono nella libertà».
https://www.facebook.com/fatima.lafram/videos/1487100628087206/
Alla base della violenza, ci sarebbe la paura per i cani esternata da una delle ragazze musulmane. «Avete paura di un cane ma non di farvi saltare in aria negli attentati», è l'affermazione che una donna avrebbe urlato alle tre giovani musulmane a bordo di un bus di linea. All'aggressione verbale davanti agli altri passeggeri, è poi seguita quella fisica.
Il video è stato postato su Facebook
Secondo il video-denuncia postato da Fatima Zahra Lafram – che è anche esponente dei Giovani musulmani d’Italia – l'autrice del gesto avrebbe prima strappato il velo a una di loro e poi avrebbe cominciato a prenderle a pugni. Il conducente del bus avrebbe poi fermato il mezzo e avvisato la polizia, intervenuta sul posto per raccogliere le testimonianze delle persone coinvolte.
La giovane ha pubblicato il video sulla propria pagina Facebook mentre aspettava di essere medicata in pronto soccorso per via di un calcio alla mano. Centinaia di persone stanno lasciando il proprio commento sotto la sua denuncia per esprimere solidarietà e vicinanza. Anche l'Associazione nazionale musulmani italiani ha condannato l'episodio esprimendo solidarietà alle ragazze coinvolte.
Ci ha riempite di pugni. Ho appena smesso di piangere. Per tutti quelli che pensano l'islamofobia e il razzismo non siano cose reali, sono cose per cui noi lottiamo tutti i giorni. È stato umiliante. Questo è il clima politico in cui viviamo e quello che chiedo non è empatia o riconoscenza. È il fatto di riconoscere che le parole dei nostri poltici possono avere un certo impatto. E il nostro silenzio ci rende complici. Non è questa l'Italia in cui vorrei far crescere i miei figli.