Emergenza corsie vuote: dove sono finiti i medici degli ospedali?
Vi state preparando al test d’ingresso per Medicina? C’è una notizia buona e una cattiva. Partiamo da quella positiva per tanti ragazzi che sognano di intraprendere questaprofessione: entro il 2025, in Italia, ci sarà una carenza di circa 16.700 medici. Quindi più posti di lavoro. La cattiva notizia per gli aspiranti medici è che, secondo l’Associazione medici e dirigenti del Ssn, questa carenza non dovrebbe essere colmata aumentando i posti a disposizione per il corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, ma il numero di borse di specializzazione.
La conclusione a cui portano le stime dell’Associazione medici e dirigenti del Ssn non riguarda quindi i nuovi ingressi alle facoltà: «Aumentare le ammissioni rappresenta una scelta irrazionale e uno spreco di risorse pubbliche. Gli attuali studenti sarebbero disponibili per il mondo del lavoro solo tra 11 o 12 anni, dal 2030 in poi, quando la curva dei pensionamenti sarà in forte calo e la necessità di specialisti ridottaoltre il 50%». Bisogna intervenire prima, incentivando l’ingresso nel mondo del lavoro di chi è bloccato nel limbo tra laurea e scuole di specializzazione.
Un problema attuale
Gli ultimi dati dell’Eurostat sul 2016 stimano che nelle strutture pubbliche italiane lavorano circa 213 medici ogni 100 mila abitanti. Siamo indietro rispetto a Francia (264), Germania (237) e Spagna (227). Ma la cosa più grave è che le proiezioni mostrano che nel 2025, senza interventi strutturali, si arriverà alla cifra di soli 181 medici ogni 100 mila abitanti.
Un problema che ha mille volti: quello delle strutture ospedaliere che sono già alla ricerca di anestesisti, rianimatori, chirurghi generali, ma anche di ginecologi, psichiatri e ortopedici. Con delle previsioni di forte difficoltà nel reperire molte figure di medicina d’urgenza e pediatria nel futuro prossimo.
C’è l’invecchiamento della categoria professionale: in Italia più della metà dei medici ha un’età superiore ai 55 anni. E, ancora, la questione del privato: i recenti vantaggi fiscali favoriscono il lavoro autonomo e, ad oggi, uno specialista su quattro formato anche dal Sistema sanitario nazionale finisce per lavorare come libero professionista o emigrare all’estero.
Appendere il fonendoscopio al chiodo
La carenza di personale negli ospedali rischia di aggravarsi con l’entrata in vigore di Quota 100. Se oggi l’età media di pensionamento dei medici italiani è di 65 anni (nel 2018 i nati nel 1953, circa 7 mila unità, hanno iniziato il percorso di uscita dal lavoro), con la nuova riforma si acquisisce il diritto al pensionamento anticipato ai 62 anni di età. Dai dati, si capisce che molti medici hanno effettuato il riscatto degli anni di laurea e specializzazione (a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 il costo per il riscatto era molto basso). Quindi è larga la platea di chi ha il requisito dei 38 anni di contribuzione previdenziale.
Nel prossimo triennio, chi è nato tra il 1957 e il 1959 potrebbe andare in pensione anticipatamente. Si tratta di quasi 18mila medici che rientrano nei requisiti di Quota 100: sommati al normale pensionamento si raggiunge un totale di 38.000 unità. «Un esodo biblico che richiede interventi immediati», scrivono dall’Associazione medici dirigenti.
Considerando le penalizzazioni che Quota 100 comporta (riduzione dell’assegno pensionistico, limitazione della libera professione e divieto del cumulo previdenziale), si stima che solo un 25% degli aventi diritto sceglierà di andare in pensione a 62 anni. Incrociando i dati, l’esodo di cui parla l’associazione è quantificabile in un’uscita dalla professione di 52.500 medici entro il 2025. Con il problema, ben noto nella professione, di un mancato trasferimento di conoscenze.
Cosa bisognerebbe fare?
Come anticipato, la cattiva notizia per chi sogna di entrare a Medicina è che «gli interventi da attuare urgentemente» riguardano l’incremento dei contratti di formazione specialistica, portandoli a 10 mila. Ma non basta: andrebbero recuperati anche i contratti che il Ministero dell’Istruzione non ha mai assegnato. Solo assumendo nuove forze per la formazione, quei 10 mila medici che attendono il riassorbimento nei corsi di specializzazione potrebbero vedere sbloccata la propria posizione.
L’Associazione dei medici dirigenti propone anche di far partire quanto prima nuove campagne di assunzioni. Per far ciò, è necessario «eliminare ogni vincolo di spesa, semplificare le procedure concorsuali, prolungare la validità delle graduatorie e, nel caso di carenza di partecipanti ai concorsi, un’entrata al lavoro anticipati agli specializzandi dell’ultimo anno».
Infografica di Enzo Monaco
Un quadro complessivo delle regioni
Per il 2025, le carenze più elevate si prospettano per Piemonte (- 2004 medici) e Lombardia (- 1921) al Nord, Toscana (- 1973) al Centro, Puglia (- 1686), Calabria (-1410) e Sicilia (- 2251) al Sud. Nessuna delle regioni con le regole attuali è in grado di soddisfare il disavanzo determinato dalla fuoriuscita degli specialisti, accelerata dall’introduzione di Quota 100. Unica eccezione, il Lazio: è la sola regione che, secondo le stime, nel 2025 avrà un surplus netto di 905 specialisti. Con l’unica grave pecca della branca di Medicina d’urgenza: nella regione ci sarà un deficit di 544 specialisti.
Le specializzazioni mediche più carenti
Sono cinque le specializzazioni dove mancheranno più di mille figure mediche tra il 2018 e il 2025. La quinta è la chirurgia generale, dove i medici carenti saranno 1301. Al quarto posto ci sono Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva, dove mancheranno 1523 unità. Segue Medicina interna, con 1878 posti da coprire. Al secondo posto Pediatria, con 3394 medici carenti. In testa alla classifica di questa emergenza professionale, c’è proprio la Medicina d’urgenza: i medici carenti sono ben 4241.