Cari protettori di Cesare Battisti, ora è il momento di chiedere scusa
Quindi, Cesare Battisti ha ammesso per la prima volta in carcere di aver partecipato a quattro azioni omicide compiute dai nuclei armati proletari, formazione terrorista rossa, negli anni di piombo. Non solo: ha confessato di essere stato direttamente l’autore di due di questi omicidi.
Era quello che chi ha combattuto e studiato il fenomeno della lotta armata già sapeva, era quello che Battisti, da allora latitante, aveva sempre negato. Era anche però quello che avevano fissato altrettante sentenze della giustizia di uno stato democratico, l’Italia.
E allora, nel giorno dell’annuncio della confessione di Battisti, sarebbe giusto che il nostro paese pretendesse le scuse di due stati, la Francia e il Brasile, che hanno favorito la sua latitanza, travestendolo da esule, da perseguitato, e rifiutando a più riprese di consegnarlo alla nostra giustizia.
Non solo, sarebbe giusto che intellettuali allora e ora in gran voga, da Bernard Henry Levy a Fred Vargas, che per Battisti si batterono e si prodigarono, dipingendolo come un perseguitato, accusassero ricevuta di questo dannoso abbaglio.
Negli anni di piombo sedicenti rivoluzionari rubavano, rapivano e uccidevano in nome di un’idea, devastando irreparabilmente delle famiglie, minacciando uno stato democratico. Fare i garantisti con le libertà degli altri può essere smart agli occhi di qualcuno, ma ha aggiunto male al male.
Anche perché “la lotta armata ha impedito lo sviluppo culturale, sociale e politico dell’Italia”. Cari intellettuali francesi, brasiliani e firmatari di appelli vari, queste parole le ha dette proprio il vostro protetto sabato scorso, quando ha finito di mentire.