Glifosato: a chi fa male il diserbante?
Il 24 marzo 2019 Beppe Grillo pubblica sul suo Blog un post dal titolo «Il Glifosato deve essere bandito» a firma Giulia Grillo, ministro della Salute del Governo Conte. Il politico genovese non fa altro che riprendere il testo pubblicato da Il Blog delle Stelle, una chiara e decisa presa di posizione che non è nuova negli ambienti del Movimento 5 Stelle al limite dell'esagerazione, dove viene proposta ai cittadini una chiave di lettura allarmante che però in sede istituzionale viene del tutto appiattita smentendo anche le teorie proposte in passato, ad esempio, sulla vicenda delle «Birre tedesche al Glifosato».
Indice:
Il gruppo Iarc dove è posto il Glifosato.
Marco Zullo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, aveva definito il Glifosato come «potenzialmente cancerogeno» criticando il rinnovo del suo utilizzo nel territorio dell'Unione europea. In realtà l'Iarc, l'organismo internazionale che conduce e coordina la ricerca sulle cause del cancro, dal 2015 pone il Glifosato in quanto «probabilmente cancerogeno» – dove fino a prova contraria «potenzialmente» non è sinonimo di «probabilmente» – e inserito nel gruppo 2A insieme alle carni rosse che non sono pericolose quanto il fumo della sigaretta. A fine 2019 si dovrà decidere in sede europea per il rinnovo dell'uso nel territorio UE, la campagna elettorale è iniziata.
L'uso del Glifosato mette a rischio la salute dei cittadini europei?
Il 26 febbraio 2016 sul Blog di Beppe Grillo il Movimento 5 Stelle Europa pubblica un post - ora presente solo su Il Blog delle Stelle – intitolato «Birre tedesche al glifosato»:
Dopo lo scandalo delle emissioni truccate sulle automobili, arriva un’altra Caporetto economica per la Germania. La sua decantata birra è affetta dal glifosato, un diserbante giudicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dallo IARC come possibile cancerogeno. Non stiamo parlando di piccoli numeri: sono 14 le marche di “bionde”, tra cui Beck’s, Paulaner e Franziskaner, in cui sono stati rilevati concentrazioni tra 0,46 e 29,74 microgrammi di erbicida per litro. Quindi, nei casi più estremi, fino a 300 volte superiori ai 0,1 microgrammi, considerato il limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. Alcuni stanno già adducendo la scusa della legislazione: non esistendo per la birra, i valori possono essere tollerati legalmente. Come se tutto ciò che non fosse acqua possa essere venduto al cliente inconsapevole di acquistare veleno.
Nell’articolo c’è anche una frase esplicita: «Bevi una di queste birre? Buttala!». In un video ufficiale del Movimento l'eurodeputato Zullo aveva citato inizialmente il Glifosato come «probabilmente» cancerogeno per poi sostenere il principio di precauzione, invitando i cittadini a gettare – o semplicemente a non acquistare – un prodotto che però non poteva causare danno a meno che non se ne consumano «mille litri al giorno»:
https://www.youtube.com/watch?v=r0EqcBkpDVk
A rendere nulla la polemica è la stessa fonte alla base dei ragionamenti posti dal Movimento 5 Stelle, l’istituto tedesco Bundesinstitut für Risikobewertung, la quale sosteneva che un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di quelle birre al giorno per assumere una quantità pericolosa di Glifosato, dosi umanamente irraggiungibili:
La risposta dei tedeschi ai presunti pericoli sulle loro birre.
A stendere ulteriori polemiche sul piano alimentare è la stessa ministro della Salute Giulia Grillo nella risposta del 6 febbraio 2019 all'interrogazione parlamentare del senatore Saverio De Bonis, Presidente dell'Associazione GranoSalus nota per le sue critiche contro l'uso del Glifosato:
Per quanto riguarda il riscontro dell'eventuale presenza di residui di glifosate nel grano d'importazione nei limiti di legge, tale riscontro non costituisce né una non conformità, né un rischio per la salute.
Per chi potrebbe essere pericoloso?
Forse per gli addetti ai lavori, ossia coloro che lo usano ed entrano in contatto senza le dovute precauzioni sul luogo del lavoro. Ad esempio, Giulia Grillo racconta il caso di Edwin Hardeman, 70enne che aveva usato per oltre vent'anni il diserbante Roundup contenente Glifosato, ma mettere sullo stesso piano eventuali casi come quello di Edwin e un qualunque cittadino che mangia la pasta di una marca particolare – anche italiana - risulta esagerato e pretenzioso, nonché dannoso per le aziende coinvolte.
Fabian Tomasi, il lavoratore in nero che si faceva la doccia con il diserbante.
È noto il caso di Fabian Tomasi, l'uomo che si faceva la doccia con il Glifosato. Intervistato da Le Iene, raccontò di aver volutamente fatto uso del diserbante per rinfrescarsi:
Lavavamo e sistemavamo gli aerei, mangiavamo vicino agli aerei… Facevamo “la bandiera” per segnalare i punti di passaggio senza protezione. […] Sai cosa vuol dire “fare la bandiera”? È quello che si ferma in un punto del campo con un’asta e una bandiera e muovendole segnala all’aereo di passare lì, prendendosi gli spruzzi dei pesticidi! Generalmente, chiedevamo al pilota di spruzzarci l’acqua dall’aereo, perché nei campi c’era un caldo insopportabile! Li ringraziavamo perché il caldo era soffocante! […] All’epoca, lavarmi le mani con la stessa acqua in cui erano stati versati i veleni o lavare l’aereo a mani nude era normale!
In un articolo del sito argentino Lavoz.com.ar lo stesso Fabian si autodefinisce «un esempio estremo» per il fatto di aver lavorato in assenza di adeguate precauzioni. Non solo, era pagato a nero e senza un'adeguata tutela. Come potete ben comprendere, c'è un abisso tra i casi dove persone accusano il Glifosato in quanto colpevole delle loro malattie o tumori rispetto a chi ogni giorno mangia un piatto di pasta Barilla, Voiello, Divella, De Cecco, Garofalo, La Molisana, Coop o Granoro.
Un prodotto alternativo al Glifosato?
Può essere sostituito un diserbante che viene comunque acquistato in tutto il mondo per la sua efficacia e non per presunti poteri occulti che obbligano le aziende a farne uso? Su Butac.it è presente dal 2018 un'intervento di Donatello Sandroni, laureato in Scienze Agrarie con dottorato di ricerca in Chimica, Biochimica ed Ecologia degli Antiparassitari, giornalista e divulgatore scientifico, il quale illustra i pro e i contro per l'uso dell'acido pelargonico come sostituto del Glifosato:
Dal punto di vista tossicologico l’acido pelargonico non ha particolari criticità, pur dovendo essere utilizzato con cautela in quanto appunto acido, per giunta abbastanza aggressivo nei confronti dei tessuti che tocca, anche animali. In etichetta infatti riporta il pittogramma col punto esclamativo, che richiama all’attenzione, perché può essere irritante oculare e dermale […]
Da alcuni studi svolti da Agri 2000, centro di saggio bolognese, la sostituzione nei diserbi urbani del glifosate con l’acido pelargonico potrebbe infatti far lievitare i costi di 6-7 volte a carico delle municipalità che volessero gestire le infestazioni di malerbe con questi prodotti. Il pelargonico, infatti, oltre a essere molto caro di per sé, va applicato a dosi alquanto elevate, fino a 16 litri all’ettaro. Quattro-cinque volte tanto le alternative tecniche finora utilizzate. In più, per i motivi sopra esposti, va impiegato un maggior numero di volte nel corso dell’anno.
L'intervento di Sandroni si conclude con una nota riguardo al possibile business:
In sostanza, le multinazionali della chimica hanno già intuito il business, investendo sull’acido pelargonico in attesa che il glifosate sparisca di scena. Evento che potrebbe accadere fra quattro anni, quando la molecola verrà rivalutata dalla Comunità europea. In tal caso, l’acido pelargonico potrebbe essere venduto a fiumi, aspirando a un business potenziale al cui confronto quello del glifosate diverrebbe solo un pallido ricordo.
La Bayer, la società che possiede la Monsanto e dunque il Glifosato, è tra queste multinazionali.