Over 40 e baby mamme: l’età della maternità divide l’Italia
Marilena ha diciott’anni e quindici notti in bianco alle spalle. Il suo bimbo Andrea, nato da due settimane, sembra disposto ad addormentarsi solo alle prime luci dell’alba. Ma la giornata di Marilena inizia comunque alle 7, perché deve allestire il piccolo banchetto di frutta e verdura che gestisce, di fronte alla sua casa nella periferia di Siracusa.
Le probabilità di avere una madre adolescente a Siracusa sono 5 volte superiori rispetto a Milano. Le donne che diventano madri per la prima volta dopo i quaranta anni a Milano sono il doppio di quelle siracusane. In queste statistiche – che riempiono rapporti allarmistici sul calo della natalità e sull’aumento dell’età delle madri – si nascondono alcune delle principali disuguaglianze dell’Italia del 2019.
Il rinvio del primo figlio, tendenza strettamente legata all’aumento di industrializzazione e urbanizzazione, non riguarda tutto il Paese in modo omogeneo. Allo stesso modo, se è vero che sono sempre meno le donne che diventano madri prima di compiere vent’anni, il dato si manifesta in modo esponenziale in certe aree del Paese, ma risulta quasi impercettibile in altre.
Al Sud e nelle isole si registrano numeri record di fecondità per le ragazze che hanno meno di 19 anni. Il 60% circa delle mamme adolescenti vive nel Meridione, 16,6% nel Nordovest, 10% nel Nordest e 12,7% nel Centro Italia.
Margherita Moioli, responsabile del SAGA – servizio dell’ospedale San Paolo di Milano che offre assistenza alle giovani madri – definisce le gravidanze in adolescenza «decisioni inconsapevoli», un po’ capitate, un po’ desiderate. A prenderle sono quasi sempre ragazze provenienti da ambienti socio-economici medio-bassi e con un limitato livello di scolarizzazione.
«Quando si è in situazioni economiche o scolastiche non soddisfacenti o di trascuratezza genitoriale, la gravidanza e la famiglia diventano una questione identitaria. Diventando mamme, queste ragazze assumono un ruolo sociale che prima non avevano, né con la famiglia né con gli amici. Diventano improvvisamente protagoniste, mentre fino a qualche settimana prima erano invisibili», spiega Moioli.
Marilena e Mirko si sono incontrati per la prima volta cinque anni fa, alla scuola alberghiera che frequentavano entrambi, nella periferia di Siracusa. Al ragazzo, di pochi anni più grande, Marilena è piaciuta subito. «Ma veramente io di lui proprio non mi accorgevo» ride la ragazza cullando Andrea, seduta al tavolo da pranzo. Accanto a lei il bisnonno del piccolo sbuccia un’arancia, ogni pochi secondi alza lo sguardo sul nipotino, lo chiama per nome. Marilena e Mirko abitano con lui.
Circa un anno e mezzo fa, al diciottesimo di un amico comune, i due hanno finalmente scambiato qualche parola, poi hanno iniziato a uscire insieme. Pochi mesi dopo, è «capitato» Andrea e hanno deciso di tenerlo.
Istruzione e occupazione sembrano giocare un ruolo fondamentale nel determinare l’età in cui una donna diventa madre in Italia. L’abbandono scolastico delle ragazze è molto più elevato nelle regioni con il numero più alto di madri under 19. In Sicilia, il 20% delle ragazze lascia la scuola prima del dovuto, mentre in Lombardia è solo il 10% a farlo.
Un divario territoriale che, secondo l’Istat, è in aumento. Nelle regioni in cui le madri adolescenti sono più numerose, il tasso di occupazione femminile è più basso: a Milano lavorano 7 donne su 10, a Siracusa, 7 su 10 non hanno un lavoro.
Quando il primo figlio arriva dopo i 40 anni
Secondo Heather Rackin, sociologa all’Università della Louisiana, le donne appartenenti alle classi medie urbane hanno una vasta scelta di attività che potrebbero fare invece che diventare genitori. Cristina ha 42 anni e il suo bambino 15 mesi. Abita a NoLo, nuovo quartiere alla moda di Milano, dove gli abitanti storici convivono da qualche anno con le classi creative.
Figlia di una commessa di un negozio di dischi, per i primi 40 anni della sua vita, Cristina ha seguito i suoi interessi e le sue passioni, «godendo dell’offerta culturale di Milano», suonando piano e chitarra, cantando in gruppi rock. «Prima di avere lui, la mia priorità ero io» ride Cristina, giocando con suo figlio alla fontana del parco.
Per Stefania Piloni, ginecologa esperta di fertilità, «è difficilissimo trovare una donna che dica “croce sul cuore sono certa che non avrò mai figli”». Ma la congiuntura economica, la scarsità delle misure a tutela della maternità, e l’assenza di quelle a supporto della paternità rendono la gravidanza una scelta da ponderare con cura per chi si identifica con la propria carriera.
Anche il divario salariale tra uomini e donne fa sì che sia sempre il lavoro della madre a saltare quando la vita professionale di uno dei coniugi viene sacrificata per l’equilibrio familiare. Dati Inps mostrano che nel 2016, 25.000 donne si sono licenziate per l’impossibilità di conciliare lavoro e maternità. Diventare madri diventa allora un progetto da mettere sulla bilancia, un elemento come gli altri nel ventaglio delle scelte identitarie. E la soluzione più comune diventa quella di rimandare.
La cultura della maternità
La concezione di natalità e famiglia è anche fortemente legata al sistema culturale di riferimento. Interrogato sull’incidenza record di madri adolescenti nella sua provincia, il primario di Ginecologia di Siracusa Antonino Bucolo ha affermato: «Ben venga questo evento fisiologico!». Portare avanti una gravidanza è secondo il medico «un evento naturale e un dono di Dio».
Che la madre non abbia ancora finito la scuola non sembra per lui rappresentare un problema: «Speriamo che nel futuro ci siano tante diciottenni impegnate a formare una famiglia, incrementando così la natalità del nostro Paese». Piloni, che lavora a Milano, afferma che nel sistema culturale di riferimento delle sue clienti è, invece, totalmente assente il richiamo della maternità. «Tranne Chiara Ferragni – ride la dottoressa -, non si trovano nei media immagini attrattive di madri».
Età della mamma: un impatto sui figli?
Se alcune delle ragioni che spingono una donna a diventare madre in un momento specifico sono socialmente determinate, l’età della maternità è a sua volta un fattore in grado di avere un impatto decisivo sul futuro dei figli. La dottoressa Piloni racconta che le sue clienti milanesi – che diventano madri dopo aver raggiunto una serie di obiettivi professionali ed economici – affrontano la maternità in modo performante, come il resto della loro vita.
«Fin da piccoli i loro bambini sono carichi di impegni, super stimolati, devono fare la scuola in inglese e in italiano per crescere bilingui, al pomeriggio però hanno anche tre corsi sportivi perché devono essere eccellenti in tutto». Quei figli hanno un’alta probabilità di condividere con i genitori non solo l’approccio alla vita accademica e professionale, ma anche alla genitorialità.
I dati raccolti dal SAGA mostrano, invece, che i figli di genitori adolescenti hanno maggiori probabilità di diventare a loro volta madri e padri adolescenti. Marilena, figlia di una ragazza madre, è stata cresciuta dai nonni. «Quando ho detto a mia madre di essere incinta lei era contraria», racconta, «rivedeva la sua storia in me».
La giovane però non è stata come la madre abbandonata dal marito. Marilena e Mirko, il padre di Andrea, vivono insieme. Entrambi frequentano il serale dell’istituto alberghiero e insieme vorrebbero aprire un’attività, magari una pizzeria. Per il piccolo invece si augurano un futuro diverso: «magari andrà all’università, diventerà un dottore», dice la ragazza.
Secondo la terapista, «istruzione e lavoro non sono l’elemento prioritario per queste ragazze, che nella maggior parte delle situazioni abbandonano la scuola appena iniziano la gravidanza». Marilena racconta che per lei la bocciatura è stata «un colpo». «La gravidanza l’ho scoperta quando dovevo fare gli esami e i professori mi dicevano ‘Non vieni a scuola? Poi ti arrangi agli esami, sempre che ci arrivi’», racconta Marilena.
Secondo Margherita Moioli è fondamentale che «le scuole diano una mano: devono essere strutturate per concedere una pausa a una ragazza che ha una gravidanza in corso e poi un bambino. Uno stand-by scolastico eviterebbe il problema dell’abbandono».
«Tra tutti gli scenari critici a cui può portare l’adolescenza – l’assunzione di sostanze, i disturbi alimentari o i tentativi di suicidio -, la gravidanza è uno dei pochi rivolti verso la vita e non verso la conclusione della vita», spiega la dottoressa Moioli. «Ma se le giovani donne non vengono raccolte e accolte in questa fase, la speranza data da una nascita può ritorcersi contro loro stesse e il bambino».
Strutture di supporto più accessibili e più diffuse possono invece aiutare a canalizzare «il desiderio di rinascita che passa attraverso il desiderio di avere un bambino». Le ragazze mostrano una «capacità di cambiamento straordinaria quando diventano mamme», continua Moioli: «anche quelle più in difficoltà, con storie complicate su cui nessuno scommetterebbe, spesso nel momento in cui diventano mamme diventano anche capaci di essere mamme. Non lo saranno come una quarantenne o trentenne: diventeranno madri di vent’anni, ma comunque madri».