SeaWatch come Diciotti: un nuovo caso di sequestro di persona preoccupa il Viminale
Furono dodici, lunghissimi giorni quelli trascorsi dai 47 migranti a bordo della nave SeaWatch davanti al porto di Siracusa. Solo il 31 gennaio 2019 arrivò il permesso allo sbarco a Catania. Adesso i magistrati della Procura di Roma fanno sapere che anche in quel caso, come per la nave Diciotti, ci sono gli estremi per prefigurare il reato di sequestro di persona.
Un fascicolo contro ignoti è stato inviato ai colleghi di Siracusa: dovranno valutare se la competenza sul caso deve passare al tribunale dei ministri di Catania. E informalmente, la procura siciliana ha già fatto sapere quello che pensa: «Trasmetterò gli atti a Catania perché per i reati che ipotizzano responsabilità ministeriali la competenza è la procura di Catania», ha detto il capo della procura di Siracusa, Fabio Scavone.
Nel fascicolo romano vengono ricostruite le quasi due settimane di attesa che i migranti salvati dalla nave ong passarono alla fonda, ad un miglio marino dal porto.
Un caso che si sta muovendo sulla stessa riga di quello della Diciotti: allora al ministro dell’Interno Matteo Salvini e a due prefetti venne contestato dalla magistratura il reato di sequestro di persona. Ma l’inchiesta è stata stoppata lo scorso 20 marzo quando il Senato negò l’autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega.
La ricostruzione
In questo caso le prime ricostruzioni non hanno permesso di escludere la competenza dell’Italia ad occuparsi dell’approdo della SeaWatch: dopo il salvataggio, l’imbarcazione avvisòcontestualmente tre autorità competenti Italia, Libia e Olanda.
Proprio perché tra i primi ad essere coinvolti, è la ricostruzione, anche gli italiani erano vincolati ad occuparsi di rintracciare un porto per l’approdo. L’aver tenuto la nave a largo permette di«ipotizzare astrattamente» ha scritto il pm Sergio Colaiocco, il reato di sequestro di persona. Per il momento, a carico di ignoti.