Caso Cucchi, l’appunto del generale: «Non dite al Senato che poteva andare in ospedale»
Il fascicolo “P” è rimasto per 10 anni presso la sede del comando provinciale di Piazza San Lorenzo in Lucina. È sopravvissuto al passare dei comandanti e dei governi. Nel corso del tempo, però, ha continuato ad essere aggiornato con elementi che rischiano ora di diventare le prove più forti nell'indagine per il depistaggio dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, appena conclusa dal pm Giovanni Musarò, che vede indagati nomi importanti come quello del generale Alessandro Casarsa.
Solo il 15 novembre scorso, grazie a una indicazione, il magistrato è riuscito a trovare il fascicolo e a sequestrarlo per intero. E – per quanto all'occhio estraneo possa apparire assurdo – all'interno ha trovato parecchi elementi, scambi di mail, relazioni riservate con elementi falsi, che pure erano stati gelosamente conservati.
ANSA|Il generale Alessandro Casarsa
Cosa c'è nel faldone
Il faldone, ora depositato alle parti, conta circa 1000 pagine (994 copertine comprese). Si apre con la prima «richiesta di urgentissime notizie» arrivata dalla Legione Carabinieri Lazio al Comando provinciale e al gruppo Roma (guidati allora rispettivamente da Vittorio Tomasone e Alessandro Casarsa) quando l'Ansa il 26 ottobre del 2009 per la prima volta parlò delle denunce sulla strana morte del detenuto Stefano Cucchi arrivate dall'associazione Antigone.
Dentro ci sono le tre relazioni che ne seguirono, due inviate anche al ministro della Giustizia di allora, Angelino Alfano, con elementi rivelatisi palesemente falsi sullo stato di salute di Stefano Cucchi, firmate dal generale Vittorio Tomasone, di cui Open ha parlato nei giorni scorsi.
C'è l'invito ai carabinieri oggi accusati di omicidio colposo perché – già nel 2012 – attivassero l'assicurazione in caso di richiesta danni in sede civile, prevista da una convezione con l'arma dei Carabinieri. Il 20 maggio 2011, il Comando provinciale fa una nota per comunicare al Comando generale che, l'uomo fermato con Cucchi mentre comprava un po di hashish, che accusava i carabinieri di avergli estorto l'accusa contro il geometra, era stato condannato per calunnia.
Appunto a matita del generale Tomasone
L'omissione alla commissione del Senato
Ci sono, però, anche elementi apparentemente minori che provano come l'attenzione su tutto quello che accadeva attorno alle indagini sulla morte di Cucchi sia sempre stata massima. A dicembre 2009, quando la polemica sulla morte del giovane è appena iniziata e la confusione è totale, la commissione parlamentare d'inchiesta sull'Efficienza del sistema sanitario nazionale, presieduta dall'allora senatore Ignazio Marino, chiede di sapere come si fosse comportato il 118 quando, la notte tra il 15 e 16 ottobre, Cucchi, nella cella della stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza, chiese un'ambulanza.
A rispondere è il luogotenente Colombo Labriola, indagato poi per le false note di servizio firmate dai due carabinieri che montarono il turno di guardia quella notte (una in cui si parlava dei dolori lamentati da Cucchi, l'altra in cui si citavano la sua magrezza e la branda scomoda). Prima di mandare tutto alla commissione d'inchiesta – che in questi casi agisce come se fosse un'autorità giudiziaria – chiede consiglio al comandante provinciale Tomasone su cosa dire e come dirlo.
E il generale corregge a matita la sua versione dei fatti, spedendogli via mail, attraverso Casarsa, quella che diventerà la risposta ufficiale. Le differenze ci sono. Una soprattutto: via ogni riferimento alla possibilità offerta a Stefano Cucchi di essere ricoverato in ospedale, che nella prima versione era citata due volte. Si parla invece solo del «rifiuto di cure mediche». È poi effettivamente questa la versione consegnata al Senato.
Ilgenerale Vittorio Tomasone
Che quella per le analisi sul corpo del geometra sia stata una specie di ossessione, come ha sostenuto il pm Musarò in aula, lo dimostra anche il fatto che il comando si premura di procurarsi la cartella sanitaria dell'ultimo accertamento, in seguito ad un malore, a cui si era sottoposto Cucchi, da vivo: un controllo al San Camillo, a settembre 2009 in cui avevano specificato che era epilettico. Proprio l'epilessia sarà considerata dai periti del tribunale, con una versione che oggi la procura considera “pilotata”, la causa del decesso.
La cartella sanitaria di Stefano Cucchi
Il fascicolo dà conto anche di quante volte il Comando provinciale e quello generale negli anni successivi al 2009 abbiano continuato ad attivarsi. L'ultima nota riassuntiva, proveniente da piazza San Lorenzo in Lucina, è del 9 gennaio 2016. Ma pure nel 2015, il Comando generale aveva redatto una nota, agli atti con la cronologia del caso Cucchi.