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La guerra di medici e farmacisti francesi contro l’omeopatia

29 Marzo 2019 - 14:28 Juanne Pili
In Francia le accademie di medicina e farmacia bocciano l’omeopatia chiedendo che non venga più riconosciuta la rimborsabilità dei corsi che trattano questa disciplina scientificamente infondata

Per gli esperti delle maggiori istituzioni francesi dedite alla formazione di medici e farmacisti, si tratta di una questione di sicurezza sociale e sanitaria: la Académie nationale de Pharmacie e la Académie nationale de Médecine hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui si chiede di porre fine ai rimborsi dei corsi di omeopatia nelle facoltà di medicina e farmacia. Non solo, quando un medico prescrive un prodotto omeopatico si dovrà fare in modo che i pazienti siano consapevoli della indimostrata efficacia, indicando chiaramente sulla confezione che si tratta solo di un placebo.

Il giro di vite contro questa pseudoscienza era già in atto da diverso tempo in Francia, dove la facoltà di medicina di Lille aveva sospeso il corso di laurea in Omeopatia nel 2018. Nello stesso periodo Le Figaro pubblicò un appello firmato da 124 luminari contro le medicine alternative, tra cui spicca ovviamente l’omeopatia. Nel documento delle due accademie si legge chiaramente che la presunta efficacia dell’omeopatia è legata alla suggestionabilità dei pazienti, mediante l’effetto placebo:

È dimostrato che il suo potere – quello dell’omeopatia – dipende dall’aspettativa del paziente, dall’annuncio fatto a lui e da chi lo propone (carisma del terapeuta, reputazione del metodo, complessità del dispositivo). L’effetto condizionante è legato alla ripetizione di precedenti esperimenti di potenziamento sotto farmaci attivi e dipende dalle strutture cerebrali profonde come l’amigdala. È specifico del sintomo trattato e si riproduce sotto placebo. Questi effetti sono al centro della sensazione benefica dell’omeopatia.

Farmacisti e medici uniti per la prima volta contro l’omeopatia

La vera novità sta nel fatto che, per la prima volta, anche i farmacisti prendono posizione. Tutto questo è in linea con quanto stabilito in un documento dell’Istituzione che unisce le Accademie delle scienze europee (Easac), pubblicato nel settembre 2017:

L’EASAC, il Consiglio consultivo scientifico delle accademie europee, pubblica questa dichiarazione basandosi sui recenti lavori delle sue accademie associate per rafforzare le critiche nei confronti delle affermazioni sulla salute e scientifiche relative ai prodotti omeopatici. L’analisi e le conclusioni si basano sulle eccellenti valutazioni scientifiche già pubblicate da organismi autorevoli e imparziali. L’importanza fondamentale di consentire e supportare la scelta del consumatore richiede che i consumatori e i pazienti ricevano informazioni basate sull’evidenza, accurate e chiare. È pertanto essenziale attuare un quadro normativo standardizzato e basato sulla conoscenza per garantire l’efficacia, la sicurezza e la qualità dei prodotti e pratiche di pubblicità accurate in tutta l’Unione europea (UE).

Perché l’omeopatia è inefficace?

L’omeopatia nasce nel 1796 con gli studi di Christian Friedrich Samuel Hahnemann. In questo periodo in medicina si praticavano ancora i salassi, venivano usate le sanguisughe ed era diffusa la teoria del magnetismo animale, nota anche come mesmerismo, in base alla quale sarebbe stato possibile curare le malattie con pratiche ipnotiche. Niente di tutto questo è sopravvissuto oggi, a eccezione dell’omeopatia, avvantaggiata rispetto alle altre pratiche probabilmente per il fatto che non presenta effetti collaterali. Dal nome del suo «inventore» deriva anche l’unità di misura delle sue diluizioni, espressa con la sigla «CH». 

Secondo i principi omeopatici «il simile cura il simile» e maggiori diluizioni determinerebbero un incremento di efficacia del principio attivo, anche perché l’acqua avrebbe la capacità di «memorizzare» le sostanze con cui viene in contatto. Così 1Ch corrisponderebbe a una parte su cento di principio attivo diluita in acqua, 2Ch si ottengono prendendo un’altra parte su cento dalla prima diluizione e così via. Possiamo parlare di farmaco omeopatico superata la dodicesima diluizione. Il problema è che da questo punto in poi non è più presente alcun principio attivo, nessun omeopata può negare questa evidenza, basata sulla chimica.

Sono stati condotti numerosi studi e revisioni sistematiche, ovvero analisi di tanti studi diversi, sottoponendoli a ulteriore verifica e comparazione. Il più noto è quello australiano pubblicato nel 2015, basato sull’analisi di 225 ricerche scientifiche. Le conclusioni del documento sono impietose:

Non c’era alcuna prova affidabile dalla ricerca sugli esseri umani per cui l’omeopatia fosse efficace trattando la gamma di condizioni di salute considerate: nessun studio di buona qualità, ben progettato con un numero sufficiente di partecipanti per un risultato significativo ha riportato che l’omeopatia ha causato maggiori miglioramenti della salute rispetto a un placebo … Non ci sono condizioni di salute per le quali esistono prove certe che l’omeopatia sia efficace – l’analisi porta anche a riscontrare dei rischi – L’omeopatia non deve essere utilizzata per trattare condizioni di salute croniche, gravi o che potrebbero diventare gravi. Le persone che scelgono l’omeopatia possono mettere a rischio la loro salute se rifiutano o ritardano i trattamenti per cui esistono buone prove di sicurezza ed efficacia.

Il «nulla» che uccide

Tristi esempi di cosa può succedere se ai trattamenti reali si preferisce in toto l’omeopatia ne abbiamo avuti recentemente anche in Italia. Pensiamo al caso del bimbo morto di encefalite nel 2017, sopraggiunta dal peggioramento di una otite, la quale avrebbe potuto essere curata in tempo se fossero stati prescritti farmaci adeguati. Invece il bambino venne trattato con soli rimedi omeopatici. Prima ancora, nel 2014, una donna torinese affetta da un tumore alla pelle – curabile con un banale intervento chirurgico – morì perché il suo medico, una omeopata, le sconsigliò le normali terapie.

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