I nuovi movimenti che vogliono ridisegnare l’Europa: Die Linke, i tedeschi alleati di Rifondazione
Le elezioni europee in Germania hanno un significato speciale. Non soltanto perché si tratta di uno dei Paesi più influenti in Europa o perché la Germania porterà in Parlamento 96 deputati (23 in più rispetto all’Italia). Ma anche perché sta attraversando una fase di rinnovamento politico. Presto il partito fondato da Konrad Adenauer, l’Unione cristiano democratica (CDU) dovrà fare i conti con l’addio di Angela Merkel. Il suo successore alla guida del partito, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha mostrato di non credere nell’asse Berlino-Francia con la stessa identità dell’attuale cancelliera federale.
Anche a sinistra qualcosa si muove. Come la CDU, il partito social democratico SPD si presenterà in Europa con una nuova leadership. Nel frattempo i Verdi guadagnano terreno: secondo alcune proiezioni dovrebbero arrivare secondi in Germania, con circa il 20% del voto e 19 seggi. Crescono anche i partiti radicali, tra cui Die Linke, destinato, secondo le previsioni, ad arrivare al sesto posto con 8 seggi.
Si potrebbe trattare quindi di un solo seggio in più rispetto al 2014, ma comunque abbastanza per confermare la posizione di Die Linke come primo partito della coalizione Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, che conta circa 50 deputati in Parlamento. L’obiettivo di Die Linke è quello di portare avanti le istanze del socialismo riformista, democratizzando le istituzioni europee e creando un fronte unito contro l’austerità fiscale. Ambizioni che hanno portato il movimento a essere tacciato di populismo.
Ma il capo 40enne del partito, Katja Kipping, è più vicina al partito laburista inglese di Jeremy Corbyn che ai rappresentanti di partiti come Podemos o anche il Movimento 5 Stelle in Italia. Del partito di Corbyn ammira non soltanto lo slogan («For the many, not the few»), ma anche l’aver saputo rilanciare il labour tramite una nuova generazione di attivisti del gruppo Momentum. Come Corbyn anche Kipping è euroscettica, senza però essere eurofobica. Non vorrebbe indire un referendum per portare fuori la Germania dall’Ue, ma rifondare l’Ue da dentro. Partendo dall’ideologia e dal passato.
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Open ha intervistato Helge Meves, che si occupa di questioni strategiche e politiche per l’ufficio federale del partito:
Quanto è grande il vostro bacino elettorale?
Negli ultimi anni Die Linke ha guadagnato consenso tra i giovani. In molte aree urbane i sondaggi ci danno al 20% tra gli elettori con meno di 30 anni. Dal 2017 due terzi delle persone che hanno aderito al movimento hanno meno di 35 anni. Questa tendenza è facile da verificare semplicemente gettando uno sguardo sul movimento
Siete un gruppo pro-europeo. Come pensate di convincere i giovani a interessarsi alle politiche europee?
Molti giovani sono già interessati alla politica, soprattutto a temi che toccano direttamente la vita di tutti i giorni. L’abbiamo visto con le manifestazioni “Fridays for Future” oppure le proteste contro la riforma del copyright. C’è fame di giustizia sociale. Il nostro obiettivo è costruire un’Europa per i tanti, non per i pochi: con lavori dignitosi, un salario minimo e giuste forme di previdenza sociale. Chiediamo affitti più ragionevoli e una buona assistenza sanitaria per tutti. Più investimenti infrastrutturali e una migliore tutela dell’ambiente, finanziate grazie a una tassazione più equa, soprattutto per quanto riguarda i miliardari e le multinazionali. Combattiamo contro il razzismo e ogni altra forma di discriminazione. Non vogliamo accettare un’Unione Europea in cui i giovani debbano temere per il loro futuro e migliaia di persone anneghino nel Mediterraneo
Quindi non siete un partito post-ideologico?
Siamo per la democrazia sociale. Diamo priorità agli interessi e alle esigenze della maggioranza e non ai mercati
Quanti seggi pensate di poter ottenere nelle elezioni di maggio?
Al momento abbiamo 7 seggi nel Parlamento europeo. Speriamo di aggiungerne altri
E in quanto alle alleanze?
Continueremo a stare nel Partito della sinistra europea (SE) che abbiamo contribuito a fondare. Ne fanno parte anche Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana, nostri stretti alleati in Italia. Ma siamo a favore di rafforzare, più generalmente, l’ala progressista, compresi i nostri alleati della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica. I recenti congressi di Marsiglia e Bilbao sono stati utili per avvicinarci ad altri movimenti ambientalisti e progressisti
Ci dica tre riforme che vorrebbe vedere in Europa?
Primo: un salario minimo europeo, poi un piano efficace per contrastare il cambiamento climatico e infine la sostituzione di Frontex [agenzia europea per la gestione delle frontiere] con un servizio di soccorso civile
Cosa vorreste fare, di preciso, per arrestare il cambiamento climatico?
Puntiamo a una transizione energetica che possa portarci a dipendere soltanto dalle energie rinnovabili entro il 2030. Siamo contrari sia al fracking, sia all’energia nucleare. Crediamo che a livello locale i trasporto pubblico dovrebbe essere gratis. Vogliamo espandere il nostro sistema ferroviario, migliorando la sua qualità e rendendolo più economico. Vogliamo inoltre promuovere l’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, puntando su una rete di distribuzione regionale. Ci rimangono soltanto 12 anni per salvare il pianeta
Come pensate invece che si possa risolvere la crisi migratoria nel Mediterraneo?
Semplicemente salvando chi rischia di annegare. Ce lo impone la legge del mare. Servono corridoi umanitari e servono maggiori finanziamenti alle città per affrontare i costi dell’accoglienza. E bisogna anche contrastare i tentativi da parte delle forze di destra di creare capri espiatori
Secondo lei sono più le cose che dividono i giovani europei o quelle che li uniscono?
Sono convinto che ci siano più cose che ci uniscono. Il desiderio di avere un buon lavoro, di potersi permettere una casa, la tutela dell’ambiente e la pace sono tutti obiettivi sentiti da parte dei giovani europei