Ecco perché Tiziano Renzi e consorte non sono più ai domiciliari – Le carte
Il tribunale del Riesame di Firenze ha depositato la sentenza con cui, il 9 marzo, ha deciso di tramutare gli arresti domiciliari in una interdizione ad esercitare attività imprenditoriali per Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati di evasione fiscale e bancarotta fraudolenta.
La decisione, argomentata in dodici pagine dal collegio presieduto da Livio Genovese, però, non smentisce in nulla l’impianto accusatorio della procura di Firenze. Più semplicemente, il tribunale spiega di ritenere «sufficiente» quella che il gergo giuridico chiama una «misura interdittiva».
Un mese fa, quando il tribunale aveva appunto deciso di tramutare la misura cautelare in una semplice interdizione, l’ex premier Matteo Renzi aveva esultato sui social parlando della revisione di una «decisione che era parsa a molti, dal primo momento, abnorme e assurda».
E aveva annunciato cause a chi aveva infangato il nome della sua famiglia: «Ci sarà una lunga maratona nelle aule di Tribunale sia per i procedimenti aperti dalla procura, sia per le nostre cause di risarcimento civile». Gli aveva fatto seguito Maria Elena Boschi: «Chi pagherà per il fango di questi giorni? Il tempo è galantuomo, noi che ci siamo passati lo sappiamo».
Il provvedimento
Le argomentazioni del giudice Genovese, però, sono molto più prudenti. Il magistrato scrive che:
L’esigenza cautelare ravvisata nella situazione delineata con i caratteri della concretezza e attualità, rendere necessario impedire che i soggetti principalmente coinvolti nelle vicende in esame possono continuare a operare con modalità analoghe a quelle riscontrate.
Sufficiente peraltro in relazione a detta esigenza appare disporre misure di natura solo interdittiva con riferimento alle attività di impresa per la durata che si stima congrua di mesi 8 nei confronti della Bovoli e del Renzi.
Renzi e Bovoli sono accusati di aver svuotato le cooperative di distribuzione di volantini, pacchi e materiale pubblicitario, che nel corso del tempo hanno aperto, evitando di pagare i contributi ai dipendenti e spostando questi ultimi in nuove società di fatto controllate da loro.
Il periodico svuotamento sarebbe servito a preservare la “casa madre” la Eventi6 che era poi la società che subappaltava periodicamente le commesse. Le cooperative coinvolte sono la Dsi, la Esc e la Marmodiv.
Assieme a loro è indagato Mariano Massone, imprenditore che si sarebbe prestato al ruolo di prestanome, coinvolto almeno in un fallimento. Per tutti e tre, il collegio del Riesame parla di presenza di “gravi indizi” e ricorda la mail che Laura Bovoli avrebbe mandato nel maggio 2010 a proposito della Dsi (un mese prima di perderne il controllo, secondo la tesi della difesa):
L’unica cosa che salvaguarda la cooperativa è andare subito a dare gli stipendi e far firmare contemporaneamente le dimissioni a tutti. Poi la nuova cooperativa sommersa dalle consegne sia dei vini che dei volantini sarà costretta a riassumerli subito. Non esistono alternative, se martedì iniziano ad operare saranno sempre Delivery fino alla fine di novembre
Insomma, la battaglia giudiziaria sarà ancora lunga.
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