Simone, Rami, Iacopo, Silvia. Il mondo (dei diritti) salvato dai ragazzini
«Io so de Torre Maura e nun so’ d’accordo». Un ragazzino, niente di più. Con lo zaino in spalla e la felpa con il cappuccio tirato su. «Lasciamolo parlare», avrà pensato Mauro Antonini, militante di CasaPound già candidato alle Regionali del Lazio, sottovalutando la bomba mediatica che di lì a poco sarebbe esplosa.
Quel ragazzino si chiama Simone e, “dal basso” dei suoi 15 anni, ha spiegato ad alta voce ad una folla di adulti che i problemi di Torre Maura non sono gli zingari ospitati al centro Codirossoni, ma il menefreghismo delle amministrazioni.
Un discorso potente in tutta la sua semplicità, che è rimbalzato migliaia di volte tra bacheche social e quotidiani diventando un simbolo. Grazie al suo tono calmo, alla sua lucidità e al suo sguardo fermo, è riuscito a farsi sentire anche mentre i militanti di CasaPound gli mettevano le mani sulle spalle e gli davano dei buffetti sulle guance, come a ricordagli la sua età e la sua posizione – quella di un ragazzino, appunto.
Simone vuole che nessuno sia lasciato indietro, ma non è l’unico giovane a far parlare di sé per il suo coraggio e la forza delle proprie parole. Come di lui, si è parlato anche di Rami, che ha rilanciato la battaglia sullo Ius soli, di Kean e dell’eleganza con cui ha risposto ai cori razzisti a lui indirizzati, di Silvia che li sta “aiutando a casa loro” e di cui si sono perse le notizie dallo scorso novembre, di Greta e della sua battaglia contro il cambiamento climatico, di Iacopo che lotta contro le barriere architettoniche facendo della propria disabilità una forza.
La lista è lunga e solo il tempo ci dirà se le battaglie che portano avanti daranno dei frutti o sfumeranno come chimere nell’universo mediatico. Una cosa è certa: negli ultimi mesi le storie più potenti che vi abbiamo raccontato vedono come protagonisti i giovani, gli stessi che troppo spesso vengono dipinti come la “generazione sdraiata”, i “bamboccioni” apatici che trascorrono le giornate stesi su un divano a navigare sui social, ma che in realtà sono in prima linea nella lotta per i diritti e, senza urla o gesti eclatanti, ricordano ai più grandi come ci si comporta da persone responsabili.
Simboli senza volerlo, ragazze e ragazzi che rifiutano di essere etichettati e che combattono battaglie senza bandiera politica, spesso sfuggendo allo sguardo indiscreto delle telecamere. E se avessero davvero qualcosa da insegnarci? Forse vale la pena di fermarsi un momento ad ascoltarli, perché con il loro modo disarmante di ricordarci il mondo in cui viviamo, ci fanno intravedere quello in cui potremmo vivere.
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