Radio Radicale potrebbe chiudere tra un mese. Crimi: «Basta privilegi»
La data è vicina, il tempo scorre veloce: il 21 maggio Radio Radicale rischia di chiudere per il taglio ai fondi deciso dal governo. Dopo oltre 40 anni e con tutto quello che comporterebbe per il suo sterminato archivio di oltre 400mila documenti audio.Ma forse una soluzione, inaspettata, si sta cominciando a delineare:e si chiama Rai. A riportarlo è l’AdnKronos: dalle parti di viale Mazzini si starebbe cominciando a ragionare di un esito che per molti sarebbe dalla parte del Servizio Pubblico.
I dubbi, però, non mancano. Della sinergia tra Radio Radicale e la Rai si parla, in realtà, da anni, anche perché l’emittente pannelliana ha sempre rivendicato il ruolo di servizio pubblico svolto nella copertura costante delle sedute parlamentari in convenzione (dimezzata già da 8 a 4 milioni con la Legge di Stabilità), di convegni, congressi, conferenze stampa, udienze e processi.
E in questo momento, nota l’AdnKronos, ci sono due coincidenze uniche nel loro genere. La prima: secondo il Contratto di Servizio Rai-Mise l’azienda pubblica devecreare un canale tv istituzionale – da piano industriale dovrebbe costare 60 milioni di euro con la sua versione inglese. Lo sterminato archivio radicale potrebbe essere fondamentale. Il tutto mentre, ricorda ancora l’agenzia di stampa, Gr Parlamento – che da anni è stato depotenziato dalla stessa Rai e ciononostante continua a svolgere il proprio compito di informazione istituzionale – potrebbe ora avere l’occasione per il suo rilancio.
E poi c’è la scadenza della convenzione tra Radio Radicale e Ministero dello Sviluppo Economico per le sedute del Parlamento. La cancellazione del rimborso a Radio Radicale di 4 milioni annui del fondo editoria deciso sempre con la legge di Stabilitàporterà l’azzeramentoa partire dal 2020. Ma 4 milioni è esattamente la cifra che Radio Radicale sostiene per il solo costo industriale dei propri impianti di trasmissione, ricorda AdnKronos, ben 285 (contro i 120 della Rai) in 20 regioni che consentono di raggiungere l’80% della popolazione italiana. «Abbiamo poche settimane di tempo, la convenzione scade il 21 maggio e l’unico dato certo è questa scadenza», ricorda all’Adnkronos il direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio.«Conditio sine qua nondi qualunque ipotesi è la proroga della convenzione. A noi interessa non morire il 21 maggio».
Vito Crimi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, affida a Facebook la posizione del governo:«Nessuno vuole chiudere Radio Radicale, né mette in dubbio il prezioso servizio che ha svolto Radio Radicale, un servizio che però avrebbe potuto svolgere in modo analogamente prezioso qualunque altra radio se si fosse trovata nelle stesse condizioni privilegiate di ricevere un contributo pubblico ininterrottamente dal 1994 prima di 5 milioni e poi di 10 milioni di euro l’anno, a cui si aggiungono i 4 milioni di contributo dalla Presidenza del Consiglio, a fronte di una gara e relativa convenzione stipulata il 18 novembre 1994 e poi prorogata per legge senza soluzione di continuità».
Nel lungo post Crimisottolinea cheil governo«vuoleun’altra cosa, ovvero rimuovere il velo di ipocrisia sotto il quale si nasconde l’anomalia di una radio privata che si sostiene esclusivamente grazie ai soldi pubblici e che svolge un servizio affidatole a fronte di una proroga per legge senza alcuna valutazione dell’effettivo valore del servizio offerto. – Poi, dopo un’enunciazione di tutti i numeri, conclude – Che senso ha che si provveda ancora a mantenere in piedi una convenzione onerosa con una radio privata?».
In copertina Angelo Carconi/Ansa | Marco Pannella durante i festeggiamenti per il suo compleanno nella sede del partito Radicale. 02 maggio 2015.