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Caso Cucchi: le parole del Governo e quelle scuse che non arrivano

L'autorizzazione di Conte all'Arma dei Carabinieri a costituirsi parte civile nel processo, la scelta analoga della Difesa, la vicinanza espressa da Di Maio ai familiari, e le parole di Salvini dopo anni di conflitto con Ilaria Cucchi. Il caso potrebbe costituire l'ennesimo punto di rottura tra le parti del Governo

Francesco Tedesco è un nome che non scorderemo. Le sue parole pronunciate in aula l'8 aprile sulle circostanze della morte di Stefano Cucchi hanno aperto una finestra rimasta socchiusa per dieci anni.

E non dimenticheremo il nome di Giovanni Nistri, il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, che la stessa mattina ha chiesto l'autorizzazione a costituirsi parte civile nel processo per depistaggio ai suoi militari, in caso di evidenti prove di colpevolezza.

Lo ha chiesto in una lettera, consegnata a mano a Ilaria Cucchi dal suo portavoce e approvata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che poi ha fatto un passo ulteriore: «Il Governo è favorevole alla costituzione di parte civile del ministero della Difesa», ha detto il premier.

Un'approvazione che segna una presa di posizione netta dell'Arma contro gli autori del pestaggio. «Rispetto è una parola che dobbiamo tenere bene a mente», ha scritto su Facebook il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio. «Rispetto per i Cucchi, per la loro sofferenza, per la loro legittima ricerca della verità».

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«Chi si macchiò, direttamente e indirettamente, del decesso di Stefano pagherà», continua il leader del Movimento 5 Stelle, una delle tre figure più importanti del Governo insieme al presidente del Consiglio Conte e al vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini. «Mi auguro il più presto possibile».

A farsi attendere sono proprio le parole di solidarietà di Salvini, a capo del Viminale, da sempre in conflitto con la figura di Ilaria, la sorella di Stefano che in questi anni ha portato avanti una battaglia affinché la verità venisse a galla. «Sempre dalla parte delle Forze dell'Ordine», ha detto ancora una volta su Rete 4, dopo la deposizione di Tedesco.

Il caso Cucchi potrebbe costituire l'ennesimo punto di rottura tra le parti del Governo. «Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa», ha detto Salvini. «Ma non accetto che l'errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono».

Il conflitto tra Ilaria Cucchi e Matteo Salvini

Era il 2016 quando Salvini disse: «Il post di Ilaria Cucchi mi fa schifo», riferendosi a un post della sorella di Stefano, nel quale mostrava la foto del presunto assassino del fratello mentre posava in costume su una riva. «Per quanto mi riguarda, si dovrebbe vergognare».

«I carabinieri non possono andare al mare?», aveva aggiunto il leader della Lega, commentando l'attacco che Ilaria Cucchi aveva riservato proprio a quel Francesco Tedesco, imputato anche lui di omicidio preterintezionale, che l'8 aprile ha preso la parola in aula, accusando i compagni e ammettendo di aver mentito per quasi dieci anni.

«Se ci sarà una sentenza, chi ha sbagliato paga. Il carabiniere fa bene a querelare la signora. Additare un uomo delle forze dell’ordine al pubblico massacro mi sembra demenziale», era stato il messaggio di Salvini.

Caso Cucchi: le parole del Governo e quelle scuse che non arrivano foto 1

Il post di Ilaria Cucchi su Facebook

E finì per evocare il clima degli anni '70 contro il commissario Calabresi, ucciso dopo essere stato al centro di una campagna d'odio a seguito della morte di Giuseppe Pinelli, un anarchico, deceduto in circostanze sospetta nella Questura di Milano.

«Un fratello l'hanno ammazzato a me e non a Salvini», aveva risposto Ilaria all'epoca. Dopo le prime ammissioni di Tedesco a ottobre del 2018, aggiunse che si aspettava delle scuse dal ministro dell'Interno.

Scuse che non arrivarono, né sono arrivate, ma che vennero sostituite da un invito al Viminale, mai accettato né dalla sorella di Stefano né dai familiari. «Il giorno in cui il ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio».

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