Dubbi di costituzionalità sulla legge Cirinnà: «Pregiudica il diritto alla genitorialità delle coppie gay»
E se la legge sulle unioni civili che porta il nome della senatrice dem Monica Cirinnà fosse incostituzionale? Perché non rende le coppie omosessuali del tutto uguali alle altre in termini di diritti e genitorialità? A sollevare la questione di fronte alla Consulta, secondo quanto riporta il Corriere del Veneto,sono i giudici del Tribunale di Venezia. Il caso è quello di una coppia lesbica unita civilmente: una delle due donne è rimasta incinta dopo essersi sottoposta, in Danimarca, a fecondazione assistita con donatore anonimo. Il bimbo è nato a Mestre anovembre 2017 ed èqui che comincia la trafila burocratica: nell’atto di nascita il comune di Venezia ha trascritto il bambino come «nato dall’unione naturale con un uomo, non parente né affine»della madre naturale. La compagna non è stata indicata comegenitore.
La coppia si eraallora rivolta al tribunale di Venezia per ottenere che sull’atto di nascitavenissero indicate entrambe le donne come genitricidel bambino. Ma il tribunale ha sospeso il giudizio, per il dubbio giuridico che la legge sulle unioni civili contenga elementi di incostituzionalità e di discriminazione versocoppie dello stesso sesso. Per questoha sollevato la questione di fronte alla Corte Costituzionale.
Il «vulnus» della legge Cirinnà
Il fatto è cheil decreto sulle unioni civili, secondo i giudici, non disciplina la questione degli atti di nascita (la mancanza della stepchild adoption è sempre stata, per le associazioni LGBTQI, il grande vulnus della legge Cirinnà). Quindi, scrive il tribunale nell’ordinanza, la legge del 20 maggio 2016 «non realizza il diritto fondamentale di genitorialità dell’individuo». Un diritto contemplato dalla Costituzione all’articolo 2e «inteso come aspirazione giuridicamente qualificata a mettere al mondo e crescere dei figli, avendo costituito un legame di coppia formalizzato». E in Italia ormai sono effettivamente formalizzate anche le unioni civili tra persone dello stesso sesso, da quando è in vigore, appunto, la cosiddetta legge Cirinnà.
Il matrimonio, si legge,«non costituisce più il discrimine nei rapporti tra genitori e figli i quali devono godere della medesima tutela indipendentemente dalla forma del legame tra coloro che ne assumono la genitorialità. L’ acquisto dello status di figlio di entrambe le parti dell’unione civile va dunque riguardato come ineludibile presupposto per l’ accesso del minore alla massima tutela che gli spetta». Da qui il dubbio che la legge Cirinnà sia incostituzionale: proprio per quella mancanza che tanto aveva fatto litigare la politica ai tempi della sua approvazione. Le unioni civili, è il ragionamento che solleva il dubbio di costituzionalità, non danno lo stesso diritto a un eventuale figlio o a una figlia, visto che non è possibile in Italia, per le coppie dello stesso sesso, che entrambe le persone vengano indicate come genitori negli atti di nascita.
«Èla prima volta che il dubbio di incostituzionalità coinvolge la legge Cirinnà in relazione alla genitorialità omosessuale», spiega lapresidente di Rete Lendford, Miryam Camilleri. Per i giudicila legge«pregiudica i diritti inviolabili della persona, quali quello alla genitorialità e alla procreazione, discrimina i cittadini per il loro orientamento sessuale e in considerazione delle condizioni patrimoniali della coppia». Per i legali della coppia c’è la speranza che la sentenza della corte tenga conto del fatto che «il concetto di filiazione è ormai disancorato dal rapporto legale esistente tra genitori e prescinde dalla composizione eterosessuale o omosessuale della coppia».
In copertina Giuseppe Lami/Ansa | Esterno del Palazzo della Corte Costituzionale.