Non è trap, non è samba, non è punk. È «1969», il nuovo album di Achille Lauro
Una sala completamente ricoperta da schermi. La stella della Walk of Fame che brilla al centro. Dentro un solo nome, in caratteri dorati: Achille Lauro. La presentazione del suo nuovo album per la stampa è in stile Hollywoodiano. C’è tanto della cultura americana in questo progetto, a partire dal titolo: 1969. L’anno di Woodstock, dello sbarco sulla Luna, del primo cuore artificiale. L’anno delle rivoluzioni.
Non alla trap, non alla samba nè al punk
Forse all’inizio, forse nei primi lavori, Achille Lauro poteva essere accostato alla musica trap. E in effetti le sue radici sono proprio queste. La sua prima etichetta nel 2014 è stata Roccia Music, il progetto creato da Marracash e Shablo. Da qui però Achille Lauro, al secolo Lauro De Marinis, ha iniziato un percorso tutto suo. Prima si è lanciato sull’onda della samba trap. Il flow e lo slang della trap sostenuti da campionamenti della musica samba. E poi è arrivato Sanremo. Alla 69° edizione del Festival della Canzone Italiana si presenta con Rolls Royce. Un brano che sulla vita delle star ribelli del mondo dello spettacolo: Marilyn Monroe, The Doors, Jimi Hendrix e Elvis Presley.
Un testo cantato in stile punk. Diretto, semplice, senza linee melodiche complesse. E sotto una base rock a sostenerlo. Il brano dà spazio a parecchie polemiche. Prima viene accostato, senza troppo successo, a 1979 degli Smashing Pumpkins e poi viene accusato da Striscia la notizia di essere un inno alla droga. Ecstasy, in particolare. Critiche riprese nella conferenza stampa di presentazione dell’album e subito smontate dal cantante: «Quando ho voluto essere esplicito nei miei testi, non mi sono fatto problemi». Da Rolls Royce si è aperto un nuovo percorso che ha portato alla costruzione di 1969. Un album ibrido, che si allontana dalla samba trap e passa a una nuova fase del cantante.
1969, tra malinconia e leggerezza
Si parte con Rolls Royce, prima traccia in scaletta e primo singolo estratto. Poi subito una canzone da un ritmo completamente diverso: C’est la vie. Un lento, accompagnato da un videoclip girato in bianca e nero su una spiaggia, accarezzata dalle onde di un mare d’inverno. Nel testo una storia d’amore finita, o quasi.
Capisci
So che puoi farlo, finiscimi
Aspetto la fine, tradiscimi
Poi dimmi, “È finita”, zittiscimi
Dieci tracce in tutto. Solo due featuring, con Simon P in Roma e in Je t’aime, con Coez. Il percorso di Achille Lauro può essere associato proprio con l’autore della hit La musica non c’è. Un inizio nel rap e poi una serie di contaminazioni che lo hanno portato su una strada completamente diversa.
Le basi di 1969 variano parecchio. Tanta musica strumentale e poca elettronica. Le canzoni si dividono tra tracce più leggere, come Cadillac o 1969 e riflessioni più calme, ad esempio Roma e Scusa. Una differenza di tono spiegata così dal cantante: «Una persona nella vita affronta sia gli alti che i bassi. Nei miei testi ho cercato di fermare entrambi questi momenti». Dopo l’esordio nelle borgate romane, dopo il Festival di Sanremo, ora l’obiettivo dichiarato è quello di «rimanere», di continuare a fare musica per arrivare a sempre più persone. «Prima di Sanremo chi mi seguiva aveva meno di 25 anni. Con il Festival mi sono fatto conoscere anche anche da un pubblico più adulto. Io sono un operaio della musica. Ho passato gli ultimi 7 anni a lavorare giorno e notte. E voglio continuare a farlo».
La tracklist di 1969
- Rolls Royce
- C’est la vie
- Cadillac
- Je t’aime feat. Coez
- Zucchero
- 1969
- Roma feat. Simon P
- Sexy Ugly
- Delinquente
- Scusa