«Pillon aveva falsificato i nostri volantini», parla il presidente dell’associazione che ha querelato il senatore
L’associazione LgbtOmphalos di Perugia, affiliataad Arcigay, è la protagonista della causa di diffamazione nei confronti del senatore e avvocato SimonePillon, condannato l’11 aprile per aver definito alcuni membri dell’associazione «adescatori di minorenni».
Il presidente, Stefano Bucaioni, ricorda per filo e per segno cosa è successo nel 2014e perché hanno deciso di portare l’esponente leghista in tribunale.
Stefano Bucaioni, come nasce la causa per diffamazione nei confronti di Pillon?
«I fatti risalgono al 2014, quando Pillon, non ancora eletto al Senato,girava l’Italia con delle conferenze dal format studiato che si chiamavano «Èancora possibile chiamare mamma e papà?».Nel corso degli appuntamenti, se la prendeva con questa fantomatica e inesistente teoria del gender sostenendo che le associazioni Lgbt vanno in giro, soprattutto nelle scuole, a omosessualizzare i nostri poveri ragazzi. Per avvalorare questa tesi,raccontava un episodio che riguardava la nostra associazione cambiandolo e lanciando accuse molto gravi».
Cosa diceva?
«La nostra associazione ha effettivamente partecipato aun’assemblea d’istituto a Perugia, invitata dagli studenti, per parlare di bullismo omofobico, di discriminazioni e di tutto ciòdi cui continuiamo ad occuparci, fuori e dentro le scuole, ovviamente. Nella ricostruzione di quella assemblea, Pillon, mostrando del materiale alterato, diceva che la nostra associazione andava nelle scuole a insegnare agli studenti come si fa l’amore tra due uomini e tra due donne, e solamente tra due uomini e due donne, e poi li invitava nella sede dell’associazione per passare dalla teoria alla pratica, alludendo all’adescamento di minori…».
Scusi, in che senso materiale alterato? Cambiava i vostri volantini?
«Tra il materiale che produciamo ci sono alcuni volantini sull’educazione sessuale e la contraccezione. I volantini mostrano alcuni esempi e precauzioni da prendere, in tutte le situazioni, tra persone dello stesso sesso o tra persone etero.Lui aveva incollato ai soli volantini con le indicazioni di precauzione per persone dello stesso sesso un retro preso da altro contesto con le indicazioni sull’associazione, la sede, gli appuntamenti. Accostando le due immagini puntava ad ottenere l’effetto di cui parlava nelle conferenze.Ma non è il materiale che diffondiamo».
Cosa è successo a questo punto?
«Il suo racconto con tanto di illustrazioni false è stato mostrato in tre conferenze diverse e sui social, con anche dei video. Quindi abbiamo fatto inizialmente tre querele che poi sono state accorpate nella sentenza di oggi con una condanna piena per diffamazione aggravata, e un risarcimento di 30mila euro che, devo dire non è poco, in cause come questa. Abbiamo già annunciato che useremo i soldi per continuare le iniziative nelle scuole contro il bullismo e l’omofobia».
Qual è la vostra attività divulgativa nelle scuole?
«Andiamo a parlare di bullismo omofobico, identità di genere, discriminazione, lo facciamo tuttora. Ovviamente tra il materiale che l’associazione porta con se ci sono informazioni sull’associazione, il nostro consultorio. Poi abbiamo, appunto, anche dei volantini di informazione sessuale, rivolti a tutti i ragazzi, stilizzati, abbastanza standard».
Al di là della diffamazione avete avuto conseguenze anche nel vostro rapporto con le scuole, con i ragazzi?
«Per iniziative come la sua, le scuole hanno ormai sempre più timore ad invitare associazioni Lgbt pensando che possiamo essere accusati di diffondere questa fantomatica teoria del gender. I dirigenti scolastici hanno paura di essere messi sotto accusa per aver diffuso la omosessualizzazione, come dicono loro».