Usa: le persone transgender non potranno più fare i marine
La controversa proposta del Pentagono sull’esclusione di persone transgender dall’esercito americano è entrata in vigore il 12 aprile. I promotori della misura sostengono che non riguarderà i marine già in servizio, ma solo le nuove reclute. È però probabile che tale legge abbia comunque un effetto sui chi fa già parte dei marine, mandando un messaggio di indulgenza a chi nell’esercito discrimina i soldati trans.
Il divieto impedisce alle persone a cui è stata diagnosticata una disforia di genere di entrare nelle forze armate. Le persone trans possono far parte dell’esercito, ma solo nel caso in cui rispettino gli standard del genere che è stato assegnato loro alla nascita. Trump aveva promesso il divieto con un tweet nel 2017, ma allora i Tribunali di grado inferiore avevano messo l’iniziativa in standby. Nel gennaio 2019 però, la Corte Suprema americana ha sollevato il blocco imposto dalle Corti.
Nell’agosto 2017 l’amministrazione Trump aveva reso nota la norma anticipata dai tweet del tycoon: la volontà di ritornare all’epoca pre-2016, quando le persone transgender non potevano apertamente servire nell’esercito. Era stato Barack Obama a mettere fine a questa divieto: dal primo gennaio 2018, persone trans hanno iniziato ad arruolarsi nell’esercito. Trump ha manifestato dall’inizio del suo mandato la volontà di ripristinare il divieto stesso, eliminando, tra le altre, la presa in carico da parte dell’esercito delle spese mediche di transizione che queste persone avrebbero potuto affrontare.
Il divieto per le persone transgender di entrare a far parte dell’esercito era diversa dalla politica «Don’t ask, don’t tell» (non chiedere, non dire), istituita nel 1994. Secondo questa regola, militari omosessuali o bisessuali potevano far parte dell’esercito a patto che tenessero nascosto il loro orientamento sessuale. La normativa sulle persone transgender invece aveva connotazione medica, e permetteva di fatto ai comandanti di radiare soldati trans a piacere.
Il ragionamento dietro a questo divieto, privo di basi scientifiche, era che la disforia di genere potesse implicare una condizione fisica e emotiva che avrebbe pregiudicato le capacità di una persona di servire nell’esercito. C’erano comunque persone trans tra i marine, cosi come c’erano persone gay e bisessuali durante il periodo “Don’t ask, don’t tell”, ma il divieto le costringeva a nascondersi, mettendole in condizioni di forte disagio.
Charlotte Clymer, veterana transgender, è intervenuta sul plateau della televisione MSNBC per affermare: «Per più di tre anni ho piegato bandiere americane sulle bare dei miei compagni morti in Aghanistan o in Iraq. Non conoscevo il loro genere, il loro colore, la loro religione o la loro origine, tutto quello che sapevo è che sono morti in un gesto altruista, e che la loro bara era coperta dalla bandiera americana».
Ha poi aggiunto: «Nonostante siano stati oggetto di discriminazione e odio, ci sono tantissimi militari apertamente transgender che stanno servendo con coraggio in zone di guerra, professionisti allenati, soldati tra i più brillanti. Nonostante lo stress e l’ansia generati dall’avere un comandante in capo (n.d.r. il Presidente) che non ha fiducia in loro, un comandante in capo che non ha mai servito un solo giorno in uniforme, continuano fare un lavoro che rispecchia i più alti standard di eccellenza».