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Mobbing: cosa prevede la proposta di legge del M5S. Nel mirino il mobbing “orizzontale”

Multe da 30 a 100mila euro e pene fino a quattro anni di carcere. L'obiettivo è colpire anche i comportamenti vessatori che arrivano non dal capo, ma dai colleghi di lavoro

Secondo le statistiche dell’Ispesl (l’Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) sono circa un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime del mobbing su 21 milioni di occupati. Tra i soggetti più colpiti ci sono gli impiegati dai 45 anni in su e le donne, una dato dovuto ai «legami tra mobbing, discriminazione e molestie sessuali», si legge nella proposta di legge presentata dal Movimento 5 Stelle. Già nella scorsa legislatura il problema del mobbing era stato affrontato con la proposta di Paola Taverna. La senatrice aveva chiesto di «introdurre nel codice penale il reato di atti vessatori in ambito lavorativo». E ancora, il 14 dicembre 2017 il Parlamento aveva discusso una legge sul whistleblowing. «Se dal punto di vista civilistico il mobbing è quantomeno inquadrato» si legge nella proposta di legge firmata dai deputati M5s Roberto Rossini e Davide Galantino, «è invece nell’ambito penale che si registrano i maggiori problemi».

Che cos’è il mobbing?

In ambito lavorativo si definiscono mobbing una serie di omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale. Una reiterazione tale da impedire al lavoratore di portare avanti le sue mansioni fino ad arrivare a compromettere la sua salute fisica o psichica, la professionalità e la sua dignità.

La proposta di legge del M5S

Chiunque si renda responsabile di atti vessatori e discriminatori è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con una multa da 30mila a 100mila euro. Oltre al carcere, la proposta di legge prevede anche un aumento della pena della metà se la «violenza morale o psicologica è compiuta nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio». La proposta è già in discussione sulla piattaforma Rousseau e prevede una responsabilizzazione del datore di lavoro che, in presenza di una denuncia, deve accertare e indagare i comportamenti e prendere immediatamente provvedimenti, facendo in modo che «il risarcimento del danno dovuto al lavoratore comprenda in ogni caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico».

Se fosse proprio il datore di lavoro il responsabile dell’atto, viene disposta, dietro richiesta del giudice, la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, «omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale». Il lavoratore può inoltre chiedere che il provvedimento di condanna sia comunicato a tutti i dipendenti dell’azienda, mediante una lettera. Il Movimento ha individuato la necessità di intervenire sulla normativa considerata un «concetto elaborato dalla giurisprudenza ma colpevolmente poco considerato dal legislatore». Per difendere il lavoratore mobbizzato viene introdotto un nuovo articolo nel codice penale (l’articolo 610 bis) che «stabilisce l’entità della pena per coloro che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore».

Mobbing orizzontale e verticale

La proposta intende contrastare il mobbing orizzontale, ovvero quando «il datore di lavoro, per disinteresse o per un preciso intento escludente, evita di intervenire per porre fine a comportamenti mobbizzanti posti in essere dai colleghi di lavoro della vittima». A essere responsabili sono i colleghi della vittime, che viene scelta come capro espiatorio su cui vengono scaricate le tensioni lavorative. Si parla di mobbing verticale quando le vessazioni sono realizzate dal datore di lavoro o, da un capo nei confronti di un sottoposto.

Le responsabilità dell’azienda

La Corte di Cassazione aveva riconosciuto anche una forma più morbida di mobbing, lo “straining”, ovvero una «situazione di stress forzato sul posto di lavoro». Alle aziende viene poi chiesto di organizzare riunioni aziendali periodiche «improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti» e che i servizi delle Asl organizzino «annualmente corsi sul fenomeno del mobbing, obbligatori e a carico del datore di lavoro, per i dirigenti, i medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonchè per i rappresentati dei lavoratori per la sicurezza».

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