Mafia Capitale, 13 a processo per falsa testimonianza. C’è anche la deputata Pd Campana
Alcuni sono reticenti, altri hanno raccontato una versione dei fatti falsi o edulcorata. In ogni caso, vanno a processo quasi tutti i testimoni accusati dalla procura di Roma di aver detto il falso o taciuto, in tutto o parte, quello che sapevano, durante il dibattimento di primo grado di “Mafia Capitale”, celebrato nell’aula bunker di Rebibbia.
Lo ha deciso il gup Costantino de Robbio che ha rinviato a giudizio tredici imputati prosciogliendone quattro (Biagio Campanale, Maurizio Mattei, Maurizio Franchini e Angelo Chiorazzo). Il processo, che avrà inizio il 13 novembre prossimo davanti alla settima sezione penale del tribunale, riguarderà, tra gli altri, Antonio Lucarelli, già braccio destro del sindaco di Roma Gianni Alemanno, e Micaela Campana, parlamentare Pd, già responsabile nazionale per il welfare.
I rapporti con Carminati
Lucarelli, sentito come teste dal tribunale il 20 marzo 2017, «ha affermato, contrariamente al vero, di non conoscere Massimo Carminati, di non essere mai stato contattato dallo stesso nel periodo in cui ha svolto le mansioni di capo segreteria di Alemanno, di non aver subito da Carminati alcuna intimidazione e di aver avuto rapporti conflittuali con Salvatore Buzzi che, poi, ridimensionava nella rilevanza», scrive il gip de Robbio.
Ansa | Micaela Campana
I silenzi della deputata
Pesante anche l’accusa rivolta a Micaela Campana, deputata del Pd e, fino a due anni fa, esponente di peso nel partito. Nell’udienza del 17 ottobre 2016, avrebbe «negato reiteratamente numerose circostanze della sua vita politica e personale», incluse «la richiesta rivolta a Buzzi di curare il trasloco per il cognato Nicolò Corrado», «le ragioni dell’incontro del 4 aprile 2014 avuto con lui presso la sua abitazione» e i motivi per i quali «lo stesso Buzzi doveva rivolgersi al sottosegretario agli Interni Filippo Bubbico e se fosse per l’accoglienza di immigrati a Castelnuovo di Porto».
Nell’elenco dei rinviati a giudizio anche l’ex direttore del dipartimento promozione dei servizi sociali del Comune di Roma, Angelo Scozzafava (per un episodio di falso), l’unica posizione per cui si era costituito parte civile il Campidoglio, e il pentito Roberto Grilli, che rispondeva di calunnia ai danni di un avvocato e di autocalunnia.
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