«La Francia sbaglia a interrompere Schengen, dalla Libia non ci sarà fuga di massa» – L’intervista
La tensione all’interno del governo resta alta sul caso Libia, e in particolare sull’atteggiamento politico che l’Italia dovrà tenere se il confitto dovesse precipitare. E c’è mare agitato anche nell’Unione europea, con la Francia che da un lato sembra appoggiarel’avanzata di Haftar (sebbene l’autorità riconosciuta dall’Onu sia quella di al Sarraj) e dall’altro annuncia che visto il precipitare della situazione ha intenzione di riattivare i controlli alle frontiere.
Ma quali sono le reali basi dell’atteggiamento del governo Macron? E quali gli effettivi rischi che sulle coste italiane arrivino fino ad 800mila profughi, come annunciato dallo stesso al Sarraj?Il professor Francesco Cherubini, docente alla Luiss di Diritto europeo, è prudente sulle previsioni. Ma ammette che l’atteggiamento della Francia rischia di«minare il concetto stesso di Unione europea».
Luiss|Il professor Francesco Cherubini
Professor Francesco Cherubini, la Francia ha annunciato che chiederà alla Commissione europea la sospensione degli accordi di Schengen in seguito al conflitto in Libia. Lei cosa ne pensa?
«Tecnicamente non è una chiusura delle frontiere ma il ripristino dei controlli, dagli attentati nel 2015 l’hanno fatto più volte,notificandolo alla Commissione europea. Si tratta di una procedura eccezionale: le norme europee dicono che questa sospensione può essere attuata solo in casi straordinari».
Dovrebbe essere un’eccezione ma sta diventando una regola: non si rischia così di mettere in mora l’idea stessa di Europa unita?
«Sono previsti dei termini massimi, due anni comprese le proroghe, anche se non viene specificato cosa accade quando dopo una breve interruzione lo stop riprende, col rischio che diventi infinito. Certo, al di là della valutazione del rispetto delle norme, la proroga sistematica rischia di minare la logica con cui è stato concluso il trattato di Schengen. Il ripristino dei controlli è un segnale di sfiducia nel meccanismo e, in particolare, nei confronti dei paesi di primo ingresso, di profughi e migranti, accusati di non attenersi alle normative e non occuparsi dei controlli e dei rimpatri dei migranti irregolari».
La Francia è un attore della crisi libica da un lato e dall’altro ripristina i controlli davanti al rischio di nuove ondate di profughi. Non è un’atteggiamento un po’ ipocrita?
«È criticabile l’ambiguitàfrancese nella questione libica, non c’è dubbio».
Ansa|Matteo Salvini
Secondo lei è concreto il rischio che tra i naufraghi del Mediterraneo si nascondano terroristi, come ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Salvini?
«I terroristi autori degli attentati in Europa nella stragrande maggioranza dei casi erano nati qui o arrivati parecchi anni prima di radicalizzarsi. I finanziatori degli attentati o i leader dell’Isis non credo viaggino con i barconi quindi non ci sono elementi in questo senso».
Ma per sospendere Schengen basta davvero indicare che in prospettiva un conflitto potrebbe produrre profughi e che tra questi potrebbero esserci terroristi? La ragione della sospensione non dovrebbe essere più stringente?
«Le ragioni devono essere sostanziali, ovvero legate a motivazioni addotte di natura concreta ed eccezionale, e possono essere collegateal pericolo per l’ordine pubblico. Il passaggio procedurale va ancora consumato, però,per ora siamo alle anticipazioni. In ogni caso, sul rispetto di queste regole vigila la Commissione europea. Lo Stato che abusa può essere portato di fronte alla Corte di giustizia Ue».
Quali altri stati hanno sospeso Schengen?
«Tra le sospensioni che scadono a maggio c’è quella posta dall’Austria che ha sospeso il confine verso Ungheria e Slovenia. E, all’interno dello spazio Schengen, dalla Norvegia nei confronti dei movimenti provenienti dall’Austria attraverso i confini danese, tedesco e svedese. Stessa procedura è stata attivata dallaSvezia, dalla Danimarca, verso il confine con la Germania. Pendente, da parte francese, c’è una sospensione per vertici internazionali che scade a maggio, appunto».
Quindi quella francese non era neppure più una sospensione per terrorismo.
«La forzatura c’è, ma interviene per una ragione precisa, la Francia non si fida più degli Stati di primo ingresso dei migranti, in particolare Italia e Spagna».
Nel tempo, però, anche la situazione dei migranti è cambiata. Secondo le regole attuali, i paesi di primo ingresso dovrebbero sostenere sia i costi dei rimpatri degli irregolari, o della loro integrazione,sia della permanenza di chi ha diritto all’asilo. E l’Europa si è mostrata ben poco solidale.
«In realtà il meccanismo di ricollocamento di chi ha diritto all’asilo è oggetto di una proposta di riforma da parte della Commissione europea, ulteriormente rivista in senso positivo per l’Italia dal Parlamento europeo per rendere permanente la redistribuzione: alcuni stati si sono opposti, in particolare Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, bloccando l’intero processo. El’Italia li appoggia, sebbene la riforma sia a suo vantaggio».
Il conflitto in Libia può far aumentare il numero di profughi fino alla cifra di 800mila accreditata dal al Sarraj?
«Mi pare improbabile. La gestione dei campi di detenzione, ovvero di trattenimento dei migranti subsahariani all’interno del territorio libico, è nelle mani di diverse fazioni. I migranti non sono in grado di lasciarli o di mettersi in mare senza l’aiuto delle organizzazioni di trafficanti. Sotto il profilo organizzativo, serve una struttura illegale che potrebbe non sopravvivere al conflitto o essere in difficoltà. Il traffico funziona meglio in un contesto pacificato».
Non potrebbero fuggire i libici?
«Non sono mai fuggiti in maniera massiccia, neppure nella precedente guerra civile. Al momento, perlomeno, non è pronosticabile con certezza».