Radio Radicale verso la chiusura: «Il governo vuole la democrazia dell’algoritmo»
I volti sono stanchi e provati, i telefoni squillano, le voci si spezzano. È una conferenza stampa difficile quella di oggi del Partito Radicale per dire ancora una volta no alla condanna di Radio Radicale, con il governo che ha deciso di non rinnovare la convenzione del finanziamento pubblico alla storica emittente.
Maurizio Bolognetti, storico esponente del Partito Radicale in Basilicata, è in sciopero della fame dalla mezzanotte del 27 febbraio. A fargli "compagnia", da martedì scorso, in questa lotta non violenta sono anche Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni e Irene Testa, sempre del Partito Radicale.
E poi c'è quella perdita incolmabile: la morte, ieri, 17 aprile 2019, di Massimo Bordin, storica voce di Radio Radicale e della sua rassegna stampa mattutina delle 7.35, Stampa e regime.
Massimo «era l'incarnazione dell'idea che abbiamo noi radicali dell'informazione», dice a Open Maurizio Turco, della presidenza del Partito Radicale. «La sua morte è quasi un segno fisico premonitore di quello che stanno facendo al governo: hanno già deciso di chiudere Radio Radicale». La «nostra emittente ha dato corpo al conoscere per deliberare», dice Maurizio Bolognetti. «È patrimonio di tutti gli italiani».
Il Partito Radicale dà appuntamento in piazza a Roma nel giorno di Pasqua, in Piazza Madonna di Loreto, a pochi passi dall'altare della Patria, per una manifestazione a sostegno dell'emittente. «A noi interessa salvare non la proprietà ma il servizio pubblico», dice Turco.
«Il governo facesse una gara: scopriranno che in questi decenni RR è stato un servizio per l'economia e l'informazione del paese». «L'ignoranza non è forza, voglio dire ai nostri interlocutori di governo», dice Bolognetti. «Se poi vogliono la democrazia dell'algoritmo, ecco, quella a me non piace».