Salvini a Murgia: «Radical chic». La scrittrice risponde col suo cv: «Io ho lavorato. Tu?»
Studentessa lavoratrice, insegnante precaria, cameriera, operatrice di un call center. Poi, solo poi, scrittrice di successo. Michela Murgia ha risposto così, col suo cv, alle parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che l’aveva accusata di essere «un’intellettuale radical chic». Sotto al post, un fiume di commenti tutt’altro che eleganti: «I peggiori nemici dell’Italia e degli italiani li abbiamo in Italia»; «Questa è scrittrice quanto io sono astronauta. Carriera e titoli guadagnati sul campo… della Festa dell’Unità».
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Murgia ha deciso di rispondere sui social: «È il suo giochetto preferito – scrive, riferendosi a Salvini – quello di far passare chiunque lo critichi per un ricco altolocato che non ha contatto con la gente e con la realtà, che non conosce i problemi veri e che non sa cosa sia la fatica del lavoro, ambiti in cui lui invece si presenta come vero esperto. Le propongo un gioco, signor Ministro: si chiama “sinossi dei curriculum”».
La scrittrice, a questo punto, parte con una lunga digressione autobiografica in cui ricorda tutte le difficoltà incontrate sul suo cammino. «Nel ’91, anno in cui mi diplomavo come perito aziendale, mi pagavo l’ultimo anno di studi lavorando come cameriera stagionale in una pizzeria. Feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo».
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L’elenco dei lavori continua: l’agenzia di assicurazioni, l’insegnamento (precario) a scuola, la consegna delle cartelle esattoriali a domicilio, cameriera in un albergo a mille euro al mese, operatrice di call center («guadagnavo 230 euro lordi al mese per vendere aspirapolveri»), portiera notturna in un albergo. «Dal 2007 in poi – conclude Murgia – vivo delle mie parole, della fiducia degli editori e dei lettori».
In questa lunga parentesi biografica, non mancano gli attacchi al ministro dell’Interno: «Mentre io lavoravo in un call center – dice Murgia – lei a Bruxelles bruciava un quarto delle sedute del parlamento ed era già lo zimbello dei parlamentari stranieri, che nelle legislature successive le avrebbero poi detto in faccia quanto era fannullone».
«Tra noi due – conclude Murgia – è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti».
In un’intervista a Circo Massimo su Radio Capital, Michela Murgia è tornata – nella giornata del 18 aprile – sullo scontro a suon di “sinossi dei curriculum”. La Murgia ha spiegato che affiancare la sinossi del suo curriculum a quella di quella del vicepremier fosse utile a capire quanto sia finta la retorica da uomo del popolo.
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La scrittrice poi puntualizza: «Io non ho nulla contro chi prende 19mila euro per stare a Bruxelles, ma contro chi li prende e non ci va o, se ci va, non fa niente». La Murgia infine incalza: «È interessante notare che la sua presenza televisiva sia sotto gli occhi di tutti. Per cosa lo paghiamo? Per andare in tv e mangiare arancini?»