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Toninelli, Di Maio e Di Battista silurano Siri: «Ritiriamo le deleghe. Si deve dimettere»

18 Aprile 2019 - 13:05 Redazione
Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha deciso di sospendere il suo sottosegretario, indagato con l'accusa di aver preso una tangente. Una decisione che aprirà un altro scontro fra i due partiti di governo

La Lega lo difende. Toninelli lo sospende. Di Maio e Di Battista ne chiedono le dimissioni. Il Movimento 5 stelle è partito all'attacco di Armando Siri, il sottosegretario e senatore leghista accusato di corruzione dalla procura di Roma, Siri è stato di fatto "licenziato" dal suo superiore, Danilo Toninelli.

«Alla luce delle indagini delle procure di Roma e Palermo, con il coinvolgimento della Direzione investigativa antimafia di Trapani – si legge in una nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Toninelli, ha disposto il ritiro delle deleghe al sottosegretario Armando Siri, in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza. Secondo il Ministro, una inchiesta per corruzione impone infatti in queste ore massima attenzione e cautela».

L'attacco di Di Maio e Di Battista

La decisione di Toninelli è un segnale di ostilità nei confronti della Lega. Dopo la notizia dell'indagine, la Lega e il suo leader Matteo Salvini avevano ribadito di avere «piena fiducia in Siri e nella sua correttezza. L'auspicio – avevano scritto in una nota – è che le indagini siano veloci per non lasciare nessuna ombra».

Con questa presa di posizione, Salvini aveva risposto all'alleato Luigi Di Maio, che solo pochi minuti prima aveva chiesto le dimissioni di Siri: «Non so Salvini sia d'accordo con questa mia linea intransigente – aveva detto il vicepremier – ma è mio dovere tutelare il Governo. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave. È una questione morale e politica».

A supporto di Di Maio è arrivato anche l'appoggio esterno di Alessandro di Battista: «Ho sempre sostenuto questo Governo, lo sosterrò ancor di più se il sottosegretario Siri si dimetterà il prima possibile – ha scritto su Facebook -. Nessun Governo del cambiamento e nessun Governo che si sta impegnando nella lotta alla corruzione può tollerare che vi sia un proprio esponente indagato per reati così gravi».

https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/posts/1971340262978028

La risposta di Salvini

La risposta, piccata, di Salvini è arrivata a stretto giro: «Siri non si deve dimettere. C'è solo un'iscrizione nel registro degli indagati e solo se sarà poi condannato dovrà mettersi da parte. Non ho mai chiesto di far dimettere la Raggi o parlamentari dei Cinquestelle quando anch'essi sono stati indagati. Siri – ha continuato Salvini – lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito neanche nel Def».

Le accuse a Siri

Il riferimento al Def non è casuale. Siri è accusato di aver preso una tangente da 30 mila euro per modificare una norma – mai approvata – che avrebbe favorito i contributi alle aziende che si occupano di energia pulita. I soldi gli sarebbero arrivati dall'ex parlamentare di Forza Italia, e attuale responsabile energia della Lega, Paolo Arata.

Oltre ad avere interessi nel settore dell'eolico, Arata si sarebbe fatto anche tramite degli interessi del "re dell'eolico", Vito Nicastri, un imprenditore trapanese «pregiudicato e spregiudicato», dicono i pm, e ritenuto un prestanome del boss latitante Matteo Messina Denaro.

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