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Una mazzetta da 30mila euro e aiuti indiretti ad un imprenditore mafioso: tutte le accuse a Siri – Il documento

18 Aprile 2019 - 10:42 Sara Menafra
Le accuse al sottosegretario che avrebbe favorito un imprenditore in odore di mafia, modificando le regole dei finanziamenti per l'eolico

Due distinti decreti di perquisizione, uno da Roma e l’altro da Palermo, mettono sotto accusa il sottosegretario alle infrastrutture, e fautore della proposta sulla flat tax, Armando Siri.

Da un lato quello siciliano che rivela un legame che se fosse confermato sarebbe davvero difficile da spiegare: l’imprenditore che sarebbe stato favorito da Siri – sebbene, è importante sottolinearlo, indirettamente, attraverso la mediazione di un politico di Forza Italia – è accusato di aver aiutato a finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro e di vantare una speciale protezione direttamente dal boss.

Dall’altro, nel decreto di perquisizione proveniente dalla procura di Roma (nessuno dei due indirizzato direttamente a Siri, protetto dalle Guarentigie) si parla addirittura di un versamento di 30mila euro in suo favore, riferito dall’autore del versamento in alcune conversazioni telefoniche.

L’affare eolico

Per capire l’esatto contenuto delle accuse, però, bisogna procedere con ordine, incrociando le indagini delle due diverse procure. Il sottosegretario Siri, accusato di corruzione, sarebbe stato contattato assieme agli esponenti storici di Forza Italia in Sicilia, per favorire un imprenditore, Vito Nicastri, considerato il “re dell’eolico” in Sicilia.

«Imprenditore pregiudicato e spregiudicato» si legge nel decreto di perquisizione di Palermo, Nicastri, oltre al sottosegretario, avrebbe contattato Gianfranco Micciché, Alberto Dell’Utri e Calogero Mannino, attraverso l’esponente politico Paolo Arata (di Forza Italia).

Aiutare Nicastri non è affare da poco. Condannato in via definitiva per i reati di corruzione e truffa aggravata, scrive la procura di Palermo, l’imprenditore «si è reso responsabile, secondo il giudicato cautelare in altro procedimento, di concorso esterno in associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori”.

Soprattutto, «avrebbe aiutato appartenenti al sodalizio mafioso, facendo loro guadagnare somme di denaro, in parte destinate anche al latitante Matteo Messina Denaro». Il re dell’eolico si sarebbe addirittura vantato dei suoi rapporti a Castelvetrano, si legge nel decreto proveniente da Palermo ed eseguito dalla Dia e dalla Guardia di finanza:

Il legame tra Nicastri e detto latitante è emerso anche dalle dichiarazioni, acquisite nel presente procedimento, del pluripregiudicato mafioso mazarese Sucameli Giuseppe, il quale ha di recente riferito a quest’Ufficio in ordine ad un’operazione speculativa, risalente agli anni 2006-2007 e sempre nel campo delle energie rinnovabili, condotta dal Nicastrli che si vantava, in quell’occasione, di avere l’appoggio “dell’amico di Castelvetrano”, riferimento inteso senza dubbio alcuno dai suoi interlocutori, tra cui proprio il Sucameli, proprio a Matteo Messina Denaro.

Ad aiutare Nicastri sarebbe, in particolare, l’esponente politico siciliano Paolo Arata. E’ lui a contattare Armando Siri che avrebbe accettato di modificare una parte del regolamento sugli incentivi connessi all’eolico, da anni terreno di investimento della mafia siciliana:

Le investigazioni effettuate hanno svelato, infine, lo stretto collegamento tra Arata ed esponenti del partito della Lega, in particolare l’attuale sotto-segretario alle infrastrutture Armando Siri, stimolato da Arata a promuovere una modifica regolamentare degli incentivi connessi al mini-eolico. Si tratta di un vicenda emersa nel presente procedimento, i cui relativi atti sono stati trasmessi successivamente alla Procura della Repubblica di Roma, Ufficio con il quale è stato attivato ed è in corso un coordinamento investigativo.

La mazzetta

Qui si inserisce il racconto che fa la procura di Roma, con le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. Nel provvedimento romano, si spiega che i favori, Siri, li faceva ad Arata (escludendo un legame con Nicastri) che in cambio l’avrebbe anche sostenuto in campagna elettorale e nell’ottenere la nomina a sottosegretario:

Siri, di cui l’Arata è stato anche sponsor per la nomina a sottosegretario, in ragione delle relazioni intrattenute, è costantemente impegnato attraverso la frazione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo e ascoltato membro della maggioranza Parlamento nel promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che contengono norme ad hoc, tesi a favorire gli interessi economici dell’Arata

In cambio dei favori, il sottosegretario avrebbe ricevuto un finanziamento di 30mila euro:

Dal contenuto di alcune conversazioni tra l’indagato Paolo Franco Arata ed il figlio Francesco, alla presenza anche di terzi, si fa esplicitamente riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri per la sua attività di sollecitazione della approvazione di norme che lo avrebbero favorito.

Il sottosegretario replica con estrema tranquillità di non conoscere i fatti di cui lo si accusa: «Non so niente. Non ho idea, non so di cosa si tratti. Devo prima leggere e capire. Ho letto di nomi che non so. Sicuramente – ha aggiunto Siri- non c’entro niente con vicende che possano avere risvolti penali. Mi sono sempre comportato nel rispetto delle leggi. Sono tranquillo».

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