La giravolta dei Cinque Stelle sulla redistribuzione dei migranti
Nel programma elettorale del Movimento 5 Stelle per le Europee c’è il ricollocamento obbligatorio dei migranti tra gli Stati dell’Ue. Un punto anticipato da Luigi Di Maio durante la presentazione delle candidate capolista M5S a Roma pochi giorni fa e comunicato ora con un post sul Blog delle Stelle.
«Nella maggior parte dei casi, i migranti che arrivano in Italia vogliono andare negli altri Paesi europei, quindi devono essere loro a condividere equamente le responsabilità dell’accoglienza. Purtroppo oggi così non è», scrivono sul blog ufficiale M5S.
Dove viene definito «ipocrita» il tentativo di Riforma del Trattato di Dublino approvato dal Parlamento europeo nel 2017 e poi affondato a giugno del 2018 dal Consiglio Europeo, l’altra istituzione Ue che detiene il potere legislativo.
Attualmente la richiesta di asilo viene presentata e gestita dal Paese di primo approdo per i migranti: nella maggior parte dei casi Italia e Grecia. Questo meccanismo costringe i richiedenti asilo arrestare per mesi o anni nei Paesi dove sono sbarcati, scaricando su di essi tutto l’onere dell’accoglienza.
Secondo i 5 Stelle «il testo votato da Pd e Forza Italia prevede che tutti i migranti economici devono restare in Italia. In questa contro-riforma, ci sono troppi filtri che appesantiscono la procedura e mettono un peso eccessivo sugli Stati membri di primo arrivo».
La proposta di riforma del Trattato di Dublino, votata a novembre 2017 dai parlamentari europei, era stata approvata con 390 voti a favore, 175 contrari e 44 astenuti. Il voto. La Lega si era astenuta, ma il Movimento 5 Stelle aveva votato contro ritenendo la riforma«poco ambiziosa».
Ora però, a pochi mesi dalle elezioni europee, sono i 5 Stelle ad accusare i leghisti di scegliere come alleati per Bruxelles dei partiti contrari alle quote vincolanti di richiedenti asilo. La ricetta proposta da Matteo Salvini e dai suoi alleati non prevede la redistribuzione obbligatoria dei migranti, ma si limita ad auspicare il non-arrivo dei migranti sulle coste italiane.
Quando, a giugno 2018, la proposta di riforma del Trattato di Dublino era arrivata al Consiglio Europeo (cuore politico delle istituzioni europee) la maggioranza dei capi di Stato e di governo aveva votato no: lo stop al testo proposto dalla presidenza bulgara, oltre che dall’Italia, era arrivato da Spagna, Germania, Austria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. La redistribuzione dei richiedenti asilo tra i Paesi resta, per ora, su base volontaria.