In Evidenza Cop29Donald TrumpGoverno Meloni
LE NOSTRE STORIECiclo mestrualeFemminismoParità di genere

Period poverty: quando avere il ciclo costa troppo

22 Aprile 2019 - 08:55 Emma Bubola
In Kenya, il 65% delle ragazze non può permettersi gli assorbenti, in Italia sono tassati più dei tartufi. Avere le mestruazioni è ancora considerato un lusso 

In certe aree del Kenya, bambine e ragazze si prestano ad abusi sessuali in cambio di assorbenti. Nel sud-est asiatico, un terzo delle ragazze non va a scuola durante i giorni di mestruazione perché non ha accesso al materiale necessario per gestire il flusso. In India, 4 ragazze su 5 non hanno accesso ai prodotti sanitari e nelle zone rurali si usano pezzi di tessuto, ma anche polvere o sabbia per assorbire le perdite, aumentando il disagio nonché il rischio di infezioni.

In Occidente, dove il problema è marginale, l’accesso ai prodotti sanitari resta comunque problematico per molte donne e ragazze. In Inghilterra, il 10% delle ragazze tra i 14 e i 21 anni ha dichiarato di non potersi permettere gli assorbenti, il 15% di aver fatto fatica ad acquistarli e il 14% di averli chiesti ad amiche perché troppo cari. Con diversi livelli di gravità, questi fenomeni ricadono sotto la definizione di “period poverty”, “povertà mestruale”: l’impossibilità di potersi permettere le attrezzature sanitarie adeguate per superare il ciclo mestruale in modo agevole e igienico.

Period poverty: quando avere il ciclo costa troppo foto 2

Alice Skinner |

Lo stigma

La povertà mestruale è legata a doppio filo allo stigma associato al sanguinamento mensile. In Nepal, il Chaupadi era una pratica ancestrale che consisteva nell’obbligare le ragazze con il ciclo a dormire fuori casa.

La tradizione è stata messa fuori legge nel 2017, ma nel 2018 una ragazza è morta per questo motivo. In Afghanistan è ancora diffusa la credenza che lavarsi durante il ciclo porti all’infertilità e in Giappone le donne hanno difficoltà a diventare chef di sushi perché le mestruazioni altererebbero il loro senso del gusto.

La versione occidentale di questo stigma è la vergogna nel parlare pubblicamente di mestruazioni, il nascondere l’assorbente nella manica quando ci si alza per andare a cambiarlo, o l’abitudine di andare in bagno con la borsa quando l’unica cosa di cui si ha bisogno è un tampax.

La mancanza di luoghi igienici

La mancanza di accesso a luoghi igienici dove gestire le perdite dovute al ciclo mestruale caratterizza, secondo l’Unicef, una scuola al mondo su tre. In India, la mancanza di toilette e acqua corrente nelle scuole fa sì che il ciclo sia considerato una delle cause fondamentali dell’abbandono scolastico da parte delle ragazze. L’abbandono aumenta il rischio di gravidanze in adolescenza e matrimoni infantili, e quindi di perpetuazione dei divari socio-economici esistenti.

Period poverty: quando avere il ciclo costa troppo foto 1

Alice Skinner |

Sanguinare una volta al mese è un lusso

In India, con la tassa dei Beni e Servizi del luglio 2017, i prodotti di igiene mestruale erano tassati al 12%, ma una campagna di attivismo è riuscita, nel settembre 2018, a eliminare questa tassa e ora gli assorbenti sono esenti da tasse. In Kenya la diminuzione della tassazione era iniziata nel 2004 e dal 2011 esiste nel Paese un progetto che ne prevede la distribuzione gratuita nelle scuole.

Anche in Europa campagne e attivismo sono riusciti a spingere i governi ad abbassare o addirittura eliminare la tassazione sui prodotti sanitari dedicati al ciclo mestruale. Spagna, Inghilterra, Francia e Belgio hanno ridotto la tassa sugli assorbenti dal 10 al 4%. In Irlanda i prodotti sanitari mestruali non sono tassati mentre in Scozia, lo Stato ha iniziato a distribuire gratuitamente assorbenti e tampax alle studentesse dell’università.

In Italia, gli assorbenti sono ancora considerati un bene di lusso, a cui si applica un’IVA del 22%. Nella stessa categoria ci sono trattamenti di bellezza, acqua minerale in bottiglia e elettrodomestici, ma non, per esempio, i rasoi per gli uomini. Dall’ultima finanziaria, nemmeno i tartufi, che sono «beni di prima necessità», quindi tassati al 5%.

L’attivista Chiara Capraro ha creato una petizione che ha raccolto 180.000 firme per far abbassare l’IVA sugli assorbenti al 4%. La questione è arrivata in Parlamento, senza però riuscire a essere approvata, nonostante il presidente della Commissione Igiene e sanità Pierpaolo Sileri (M5s) avesse presentato un disegno di legge a questo proposito.

Al momento della proposta di legge, personalità mediatiche di tutti i campi si sono sentite in dovere di sminuirla. Anche la comica Luciana Littizzetto ha affermato che gli assorbenti non contavano nulla rispetto, per esempio, alla disparità salariale tra uomo e donna. Il problema di considerare gli assorbenti beni di lusso è però più profondo della sua palese incoerenza.

Laura Coryton, studentessa dell’Università di Oxford e fondatrice della campagna Stop Taxing Periods ha affermato: «Tassando le donne che hanno il ciclo mestruale, i governi sottintendono che sia un lusso per loro partecipare nella vita pubblica una volta al mese e che la società non valorizza il loro contributo».

Articoli di LE NOSTRE STORIE più letti