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L’imam che dà ragione a Salvini: «Noi immigrati siamo ospiti, vengono prima gli italiani»

23 Aprile 2019 - 13:58 Redazione
Mufid Abu Touq gestisce una delle sei moschee presenti nella città di Catania. In passato si era schierato in maniera netta su argomenti come Isis, e immigrazione. Ora a far discutere sono le sue ultime dichiarazioni

Mufid Abu Touq a Catania è un'istituzione: è l'imam di una delle sei moschee presenti nel capoluogo di provincia siciliano. Nello specifico, Mufid – nato ad Amman in Giordania - si occupa della Moschea in via Calì che sta proprio a due passi dal porto della città etnea, ed è la più antica: la sua costruzione risale, infatti, al 1981. Le cronache lo ricordano per essersi esposto parlando di immigrazione e di religione musulmana.

Nel 2016 aveva rilasciato un'intervista video in cui, ad esempio, parlava dell'Isis con queste parole: «L'Isis non è Islam. Questo Stato chiamato dell’Isis noi non lo chiamiamo islamico, perché dell’Islam non conosce niente». Aveva anche parlato dei fatti di New York dell'11 settembre: «Noi condanniamo, noi abbiamo manifestato, noi abbiamo pianto, abbiamo gridato: non per fare contenti l’Europa e gli europei, ma perché questo è un principio nostro».

L'imam che dà ragione a Salvini: «Noi immigrati siamo ospiti, vengono prima gli italiani» foto 1

Sono di ieri – 22 aprile-, invece, alcune dichiarazioni rilasciate all'agenzia di stampa Adnkronos in cui pare che l'imam strizzi l'occhio al ministro dell'Interno: «Noi non abbiamo nulla contro Salvini. Non mi cambia nulla se viene prima l'italiano. Anzi, è giusto così. Io mi sento ospite qui in Italia, in Sicilia e a Catania. Naturalmente si dà la preferenza agli italiani, logicamente». Lo abbiamo allora raggiunto al telefono per farci spiegare meglio la faccenda.

 Mufid, lei è d'accordo con Salvini quando usa slogan come "Prima gli italiani"?

«Certo. So che alcuni hanno storto il naso dopo le mie dichiarazioni, ma io dico sempre quello che penso, piaccia o non piaccia».

Può spiegare meglio?

«Chiunque venga in Italia è ospite. E gli ospiti devono adattarsi agli usi e ai costumi della loro nuova casa: voi ci accogliete e noi vi rispettiamo. Dovrebbe funzionare così, almeno per me. Io sono il primo che si è adattato quando è venuto qui».

Faccia un esempio…

«L'esempio può riferirsi alla questione del crocifisso. Perché mai dovrebbe essere rimosso dalle scuole, dagli ospedali? E' una sciocchezza. Non è mica questa la strada per tutelare le minoranze religiose». 

E inusuale sentire questo tipo di dichiarazioni…

«E le dirò di più: io sono quello che invita i connazionali a restarsene a casa. L'Italia non è posto per immigrati. Qui non ci sono speranze per il futuro». 

L'imam che dà ragione a Salvini: «Noi immigrati siamo ospiti, vengono prima gli italiani» foto 2

Di solito, però, i suoi connazionali, e non solo, scappano da situazioni poco felici, come fame e guerra…

«Quelli sono gli unici casi in cui ammetto che qualcuno si prenda la briga di attraversare il Mediterraneo in barca. Ma se vieni qui per avere un futuro migliore, lascia stare».

Perché mai?

«Perché non c'è lavoro per voi italiani, figurarsi per noi. E come succede spesso, se l'immigrato non lavora è costretto a delinquere, non è decoroso. Inoltre noi non siamo qui per rubarvi il lavoro: è giusto che, se c'è un posto di lavoro vacante, sia l'italiano a occuparlo per primo». 

Vista la sintonia con il ministro dell'Interno, cosa ne pensa delle politiche in materia di immigrazione?

«Penso che Salvini lavori facendo il bene del Paese».

Quindi sposa tutto il suo programma?

«Grosso modo sì. Condanno il razzismo, la propaganda sui porti chiusi e la scelta scellerata di lasciare le ong in mezzo al mare. Ma penso che Salvini abbia ragione sul volervi tutelare. E se noi vogliamo vivere qui, dobbiamo stare alle vostre regole, alle vostre leggi».

La spaventano le elezioni europee? Pensa che vincerà il "vento del sovranismo"?

«L'Europa è casa vostra. Non sta a noi musulmani entrare nel merito di chi governerà in Europa. Qualunque sia il risultato elettorale, lo rispetteremo, perché è giusto così».

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