Radio radicale, perchè l’Agcom la difende e chi potrebbe prendere il suo posto
Il presidente Agcom Angelo Cardani non ha dubbi: Radio radicale va salvata, «va garantita la [sua] continuità», almeno fino a quando non sarà indetta una gara per l'assegnazione della comunicazione radiofonica politica e istituzionale. Un compito di cui l'emittente Radio si fa carica dal 1994, come ricorda Cardani, trasmettendo il 60% delle sedute parlamentari, dei congressi dei partiti, dei processi e delle conferenze stampa dei sindacati.
A perdere non sarebbero soltanto i giornalisti dell'emittente e gli ascoltatori ma, soprattutto, il mondo dell'informazione tutto. E quindi anche la democrazia. È proprio questo il principio che pare ispirare l'intervento di Cardani: garantire il pluralismo dell'informazione tramite il salvataggio di una delle sue bandiere in Italia.
Ma c'è di più. La convenzione tra lo Stato e Radio Radicale dovrebbe finire il 21 maggio, una scadenza insufficiente per organizzare una gara pubblica per l'assegnazione del nuovo contratto. Da quì la richiesta da parte dell'Agcom per un'estensione della convenzione con l'emittente.
Cardani, presidente Agcom dal 2012, ha dei dubbi anche sui meccanismi con cui verrebbe assegnato il contratto. Il rischio infatti è che la gara venga combattuta ad armi impari. Da una parte la Rai, che vanta una grande forza economica e di personale e che, sempre secondo Cardani, potrebbe presentarsi alla gara senza un vero oppositore. Dall'altra Radio Radicale, a cui peraltro il Governo ha tagliato i finanziamenti, che potrebbe non avere neanche il modo di partecipare.