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Conte al presidente egiziano: «Su Regeni nessun passo avanti. L’Italia non avrà pace fino a quando non avrà la verità»

27 Aprile 2019 - 18:13 OPEN
A tre anni dal rapimento del ricercatore, cinque persone sono inserite nel registro degli indagati dalla magistratura italiana, che però non può agire per la mancanza di cooperazione da parte delle autorità egiziane

Il premier italiano Giuseppe Conte ha incontrato a Pechino il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. Conteha affermato che il casoRegeni «Èstata una delle cose più importanti di cui abbiamo parlato.C'è insoddisfazione perché a distanza di tempo non c'è ancora nessun concreto passo avanti che ci lasci intravedere un accertamento dei fatti plausibile».

I genitori del ricercatore italiano – ucciso al Cairo trafine gennaio e inizio febbraio 2016 -hanno scritto una lettera a Conte, pubblicata suRepubblica, chiedendogli«Di essere determinato ed incisivo con il Presidente egiziano, di andare oltre ai consueti proclami e promesse, di ricordargli che la procura romana ha già inserito cinque persone nel registro degli indagati, in base alle indagini effettuate superando gli enormi ostacoli posti da parte degli stessi egiziani; è giunto il momento di ricevere una risposta concreta, vera e definitiva».

Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco si trovano infatti davanti ad un vicolo cieco. Hanno individuato cinque nomi, cinque tra agenti dei servizi segreti e della polizia egiziana che sono sospettati di aver avuto un ruolo nel rapimento – e quindi nella morte di Giulio Regeni – ma non possono procedere contro di loro. Perché l’Egitto è uno stato sovrano e la procura del Cairo si è tirata indietro.

Conte afferma che Al Sisi gli ha assicurato che le indagini della magistratura egiziana continuano,ma precisa: «Non abbiamo strumenti per ottenere una verità giudiziaria: anche la nostra magistratura ha avviato una inchiesta che però da quanto ho capito non ha ancora portato a risultati. Non abbiamo strumenti reali e concreti per poter intervenire e sostituirci alla magistratura egiziana».

Il primo ministro, che si è detto «turbato» dalla lettera dei genitori del ragazzo, ha fatto capire di aver colto il loro messaggio e ha dichiarato che«L'Italia non può avere pace fino a quando non avrà la verità, non verremo mai meno a questo impegno: arrivare a una verità giudiziaria che sia plausibile e che abbia risconti oggettivi e inoppugnabili».

Il premier ha però anche fatto capire che il suo potere sulla faccenda è limitato: «Sono diversi anni che tentiamo varie iniziative. Il modo più efficace per me per un risultato è spendere la mia influenza con il governo egiziano, io parlo con Al Sisi non con la magistratura. Continuerò su questa strada, non mi fermerò fino a quando non avrò una verità plausibile».

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