S&P: ancora outlook negativo per l’Italia. Adesso cosa succede?
Standard & Poor’s ha confermato il rating dell’Italia (BBB) con outlook negativo. L’agenzia statunitense, registra e ribadisce ciò che aveva osservato nello scorso ottobre, cioè un’inversione di tendenza sul fronte delle riforme e una volatilitàdella domanda esterna che hanno spinto l’economia italiana in recessione. Nonostante la stabilità della valutazione i rischi economici per il Paese restano sotto osservazione.
Per l’agenzia in Italia sia per il governo che le banche si registra «un marcato deterioramento delle condizioni finanziarie esterne». La causa?«Icontinui cambiamenti politici indeboliscono il potenziale di crescita». L’agenzia di rating sottolinea inoltre come l’economia italiana saràin una fase di stallo quest’anno e come le politiche del governo rischino di rafforzare la rigiditàdei salari e del mercato del lavoro.
Altro elemento di rischio è un aumento del debito pubblico parallelamente a un calo di quello privato. Lo scorso 22 febbraio anche Fitch, altro temuto osservatore del rating, aveva in qualche modo sospeso il giudizio sull’Italia confermando la medesima valutazione BBB: due scalini al di sopra del livello «spazzatura» che caratterizza i Paesi inaffidabili dal punto di vista del credito.
Ma cosa succede adesso per l’Italia?
Il nostro Paese avrà 18 mesi di tempo per abbassare il rating. L’outlook negativo apre una procedura, con scadenza a 24 mesi, attraverso cuil’agenzia valuteràse declassare l’Italia, che a quel punto si troverebbe sull’orlo del baratro, a un passo dal livello junk. Il declassamento potrebbe avvenire, secondo quanto comunicata dall’agenzia in una nota, «se il deficit e il debito superassero significativamente le nostre previsioni, e se osservassimo un marcato deterioramento nelle condizioni finanziarie a causa della persistente incertezza politica».
Che cosa vuol dire «livello spazzatura»?
Il livello junk bond o «spazzatura» è una valutazione che viene fatta sul valore e l’affidabilità dei titoli, nel caso specifico quelli di Stato. In pratica le aziende di rating, se si scende a quel livello, considerano poco sicuro, se non pericolosissimo per gli investitori acquistare quei titoli. Questo nel concreto si traduce in un «premio» che gli stessi investitori richiedono per questo rischio: cioè in tassi di interesse maggiori che lo Stato deve concedere per farsi prestare denaro. Più interessi da pagare e, conseguentemente, più debito pubblico, con effetti negativi inevitabili per l’economia e per i conti del sistema-Paese.
Cosa dovrà fare il governo?
Quello che dovrà evitare l’Italia, quindi, nel prossimo anno e mezzo, sarà abbandonare gli sforzi per la riduzione del debito o, peggio ancora, insistere sulle politiche in deficit. Altro elemento, che sembra incontrare la stretta attualità, è quello della stabilità politica. Una crisi di governo, sfiorata più volte nelle ultime settimane, rischierebbe di mettere seriamente in allarme gli investitori finanziari e conseguentemente, le agenzie di rating. Due campanelli d’allarme per il governo gialloverde che però, in passato, ha dimostrato di prendere le proprie decisioni senza curarsi molto delle valutazioni delle stesse agenzie di rating.