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«I Casamonica sono un clan di stampo mafioso» – La sentenza della Cassazione

30 Aprile 2019 - 22:08 Redazione
La sentenza numero 17851 segna una nuova conferma: le dinamiche su cui si basa il clan formato dalle famiglie Casamonica e Spada sono le stesse di un'associazione mafiosa. Spiegata anche l'origine della droga venduta dal territorio sotto il controllo dei loro uomini

Un solido vincolo familiare, con persone «interscambiabili nei ruoli» e «accomunati dal fine comune di commettere svariati reati». Il verdetto numero 17851 della Corte di Cassazione conferma ancora una volta che il sistema creato dai clan Casamonica-Spada è un sistema di stampo mafioso. 

La Corte Suprema ha dichiarato così inammissibili i ricorsi dei difensori di alcuni esponenti della famiglia Casamonica e del clan Spada contro la decisione del Riesame di Roma di confermare le misure cautelari in carcere.

Le ricostruzioni fornite dai collaboratori di giustizia restituiscono un quadro chiaro. Nelle parole della sentenza infatti si possono leggere le stesse dinamiche di un’organizzazione mafiosa:

Tutti gli indagati erano parte di un nucleo associativo familiare fortemente radicato nel territorio romano e ben noto alla popolazione, godevano di una base logistica comune all’interno della quale tenevano le armi e la sostanza stupefacente e nei pressi della quale le varie persone offese erano state convocate da diversi membri dell’associazione, disponevano di una cassa comune, svolgevano la propria attività con metodo fortemente intimidatorio, ponevano in essere condotte di aiuto e di reciproca sostituzione e recuperavano le somme di denaro conseguenti al reato di estorsione o di traffico di sostanze stupefacenti nell’interesse del sodalizio

Al vertice della struttura: Giuseppe Casamonica. Il boss riusciva a guidare la famiglia anche quando era detenuto. Come riportano i giudici infatti, dal carcere: «Dava istruzioni al figlio Guerrino e alla moglie Katia Tolli, che attendevano il colloquio in carcere per istruire a loro volta gli altri membri dell’associazione».

La sentenza spiega anche l’origine della droga che veniva venduta dal clan: veniva comprata direttamente dalla ‘ndrangheta e il boss di riferimento era Domenico Strangio, estradato in Italia lo scorso gennaio.

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