I post di Di Maio? Minacce alla libertà di stampa. L’accusa del Consiglio d’Europa
Il Consiglio d'Europa, organo ditutela deidiritti umani, ha pubblicato un rapporto in cui accusa il vicepremier Luigi di Maio di aver messo a rischio la libertà di stampa in Italia.
Il Consiglio d'Europa fa riferimento a un post su Facebook del settembre 2018 in cui Di Maio, dopo aver attaccato il quotidiano La Repubblica, se l'era presa con i «prenditori editori»che «ormai ogni giorno inquinano il dibattito pubblico e la cosa peggiore è che lo fanno grazie anche ai soldi della collettività».
https://www.facebook.com/LuigiDiMaio/posts/1896403900396147
Poco più avanti, Di Maio aveva invitato le aziende partecipate dallo Stato a«smetterla di pagare i giornali con investimenti spropositati e dal dubbio ritorno economico per evitare che si faccia informazione sui loro affari e per pilotare le notizie in base ai loro comodi».
Secondo il Consiglio d'Europa, «le pressioni finanziarie, i favoritismie altre forme di manipolazione indiretta dei media possono essere museruole insidiosee sono sempre più utilizzati da politici di ogni colore».
Il riferimento è al messaggio lanciato da Di Maio alle aziende di Stato, ma anche allapropostadi legge per la riduzione dei contributi indiretti ai media e a un altro post, pubblicato nel novembre 2018, in cui – secondo il Consiglio – Di Maio avevausato un linguaggio offensivo nei confronti dei giornalisti italiani.
Il Consiglio d'Europa aveva già parlato in termini negativi dell'Italia in due occasioni: la prima, a gennaio del 2019, quando aveva lanciato l'allarme sull' «aumento dell’incitamento all’odio da parte dei politici,del razzismo e della xenofobia nel discorso pubblico, particolarmente nei media e su internet», attaccando «le recenti iniziative per impedire alle navi di soccorso di attraccare nei porti italiani».
La seconda a febbraio, con un altro rapportosulla libertà di stampa: in quell'occasione, il Consiglio d'Europa aveva preso di mira sia Di Maio che Salvini, accusandoli di aver espresso «regolarmente una retorica particolarmente ostile a media e ai giornalisti sui social».