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Scuola, Salvini rilancia sulle telecamere in tutte le aule. Ma il Garante: «No a sorveglianza indiscriminata»

02 Maggio 2019 - 18:00 Angela Gennaro
Mentre la Camera approva la riforma che reintroduce l'educazione civica a scuola (e che passa ora al Senato), il leader della Lega rilancia con la videosorveglianza in tutte le scuole

Novità in arrivo per la scuola: già a settembre potrebbe tornare – come annunciato – l'educazione civica come materia obbligatoria in tutte le classi delle scuole elementari e medie: tra Costituzione, legalità, storia dell'inno nazionale e della bandiera italiana, ma anche cittadinanza digitale, educazione ambientale e anticorpi alle fake news on line. 

Ok della Camera oggi, giovedì 2 maggio, praticamente all'unanimità, con 451 sì, al ddl che reintroduce l'educazione civica a scuola. Nessun voto contrario e tre astenuti. Ora il provvedimento passa al Senato. «Festeggio l’approvazione del ritorno dell’Educazione Civica in classe. Vita concreta contro inutili polemiche. Il prossimo passo sarà, fra due settimane, il si alla legge per le telecamere obbligatorie in asili e case di riposo», commenta il vicepremier e ministro dell’interno Matteo Salvini.

Telecamere nelle classi

A proposito di scuola, il leader della Lega in questi giorni torna ancora una volta su un suo (e della Lega) grande classico: quello delle telecamere in classe. In tutte le scuole: dall'asilo alle superiori. «Per difendere i professori da alunni e genitori imbecilli», dice il vicepremier. «Entro maggio approveremo in Senato la legge per installare le telecamere negli asili nido, nelle materne e nelle case di riposo per proteggere bimbi, anziani e disabili ed entro giugno faremo lo stesso alla Camera», assicura Salvini. «Stiamo riflettendo sulla possibilità di consentire l’installazione delle telecamere anche nelle scuole di grado superiore per tutelare i professori dagli adolescenti un po’ particolari e dai loro genitori. C’è arrivata qualche richiesta in questo senso dagli stessi professori».

Privacy e telecamere

Ma si può davvero fare? Cosa comporterebbe un provvedimento del genere in termini di privacy? «Sulle telecamere la Lombardia è arrivata prima», dice ancora Matteo Salvini. Il riferimento è all'approvazione, da parte del Consiglio regionale della Lombardia, di una legge che favorisce l’installazione di impianti di videosorveglianza nei nidi e nei micronidi. Alla legge regionale lombarda fa riferimento a gennaio scorso anche Antonello Soro, presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, nel corso di un'audizione informale proprio sul disegno di legge n. 897 e connessi (prevenzione di maltrattamenti a danno di minori, anziani e disabili nelle strutture pubbliche e private) presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato. 

La legge lombarda «suscita alcuni dubbi di legittimità costituzionale in ordine al riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni», avverte Soro. Il tema, avverte il garante, è complesso perché investe la questione di tutela del minore ma anche quella della libertà del lavoratore: e richiede quindi, omogenei «livelli di garanzia di tali diritti fondamentali» in tutta Italia. Insomma, per la questione serve appunto una legge nazionale.

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Con un avvertimento, posto il «rischio – purtroppo non remoto – di abusi e violenze, e l’esigenza di ricostruzione probatoria di reati»: «È difficile che le telecamere sopperiscano alle carenze insite nella formazione del personale deputato all’educazione e all’assistenza dei soggetti meritevoli della maggiore attenzione», avverte Soro in audizione al Senato. Tradotto: se il problema è quanto accade – e non mancano i casi di cronaca – a volte in asili e case di cura, la sorveglianza può essere uno strumento, ma la vera ricetta è la formazione di chi in quei posti lavora. Insieme alla prevenzione e al coinvolgimento delle famiglie. 

I paletti del Garante

La legge nazionale che verrà, comunque, per il Garante deve avere specifiche caratteristiche necessarie, con paletti che ne renderanno l'eventuale applicazione forse meno estesa di quanto Salvini non la descriva: la necessità di «tutela di soggetti in condizione di particolare vulnerabilità», da equilibrare con la «libertà del lavoratore nell'adempimento della prestazione». Non è pensabile, ragiona il garante, sottoporre chi fa un lavoro di cura a vigilanza continua. E poi c'è il «diritto alla protezione dei dati personali dei vari soggetti ripresi dal sistema di videosorveglianza: non solo i lavoratori, dunque, ma anche gli stessi ospiti delle strutture educative o di cura».

Nè la sorveglianza può essere a tappeto o indiscriminata. Il garante per la protezione dei dati personali chiede che – come previsto dalle ultime versioni del testo del ddl, l’installazione delle telecamere non sia indiscriminata e che sia limitata solo ai casi di effettiva necessità. Nonché che i dati siano cifrati e consultabili solo dagli inquirenti in caso di indagine. 

Nonostante i miglioramenti, avverte Antonello Soro, l’ambito di operatività del trattamento resta alquanto ampio ed eterogeneo. La videosorveglianza sarebbe, infatti, ammessa negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia, nonché nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e disabili, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno. L'invito è a un’ulteriore riflessione per limitare eventualmente l'operatività solo nei casi in cui il rischio giustifichi la limitazione della libertà di un lavoratore costantemente sotto l'occhio delle telecamere. La scuola, per esempio, ha le aule vetrate? Le telecamere non hanno molto senso, dice il Garante. 

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